“Signs of The Times” è il group-show di :mentalKLINIK, Joël Andrianomearisoa, Andreas Angelidakis, Romain Bernini, Thomas Lélu, Lin Zhipeng (No.223) e Luna Paiva attualmente in corso nei suggestivi spazi di Palazzo Cigola Fenaroli, sede della APALAZZOGALLERY di Brescia, e che vede in Jérôme Sans un ideale direttore d’orchestra di quel che appare a tutti gli effetti una collettiva specchiante ma, al tempo stesso, capace di rivelare la natura intrinseca della contemporaneità.
Muovendo infatti i primi passi all’interno di una cornice la cui trasudante storicità pare sposarsi al meglio – anziché contrastare – con le urgenze più evidenti e connotanti il mondo di oggi, “Signs of The Times” vuole presentarsi come una mostra in grado di mettere in risalto quel senso di profondo cambiamento o, per meglio dire, vero e proprio inizio di una fase del tutto nuova del flusso della Storia. Più nel dettaglio, gli artisti e i lavori presentati vengono accomunati dalla multidisciplinare capacità di mettere in risalto come ormai tutto quell’immenso sistema di certezze, nonché modalità, con cui interpretare il reale sia stato letteralmente fatto a pezzi dai letali colpi degli attuali eventi pandemici. Quel che dunque viene messo in scena non è tanto la presunzione di fornire risposte o sedicenti nuove ricette dalla portata universale, quanto invece puntare i riflettori circa la presa di coscienza di dover fare i conti, a livello collettivo, con un vero e proprio nuovo universo segnico. Quasi un nuovo alfabeto che dovrà essere redatto, decifrato e messo in pratica partendo dall’esplodere – in una chiave quasi marxista – di quelle “contraddizioni” e questioni di carattere sociale, politico, ambientale e così via che i recenti trascorsi hanno sostanzialmente portato a un punto di collisione. Niente è più come prima e di conseguenza dovrà cambiare anche la modalità d’interpretazione della realtà. Gli spazi sembrano dunque essere pervasi dalla volontà di far risaltare tale consapevolezza, quasi a voler costringere chi guarda ad avere il coraggio di fronteggiare una sfida di carattere epocale. C’è dunque un costante senso di schumpeteriana “distruzione creativa” – dai connotati tuttavia omnicomprensivi – e di essere pronti nel definire le nuove chiavi di lettura del mondo. Il tutto mediante un ventaglio di esperienze artistiche molto eterogeneo.
Il duo :mentalKLINIK (avviato da Yasemin Baydar e Birol Demir a Istanbul nel 1998) invade una delle sale con “PUFF OUT M_2101”, installazione ambientale comprendente otto robot aspirapolvere e glitter vari e con “CHROMATIC MADNESS 2101”, lavori a parete in carta cotone, pellicola solare e poliestere. Fin da subito, riescono a trasmettere un senso di profonda commistione tra quella sensazione di celebrazione, idea di inesorabile romantico decadimento e mutazione continua, concretizzata dall’attività dei robot che non aspirano semplicemente i glitter ma li rigettano sul pavimento contribuendo a un perenne cambiamento dell’aspetto del lavoro. Più in generale, a essere emanata è un’idea di sospensione e stasi caratterizzante l’inquieto intervallo di passaggio tra l’inesorabile fine di un qualcosa e l’inizio – non si sa se dai connotati positivi e negativi – di qualcos’altro. Un “bad trip” – come si legge sul comunicato – che lascia in uno stato di straniamento e impotenza, amplificato poi a livello fisico dal modo in cui la luce viene riflessa in maniera furiosa per tutto l’ambiente.
Un qualcosa che viene ripreso, anche se mediante un registro del tutto differente, dalle tele e interventi nella sala subito successiva dedicata a Romain Bernini. La sua è una ricerca dell’indeterminato, un’esplorazione senza meta sia nei meandri dell’intimità umana e sia nell’indecifrabile rapporto con il mondo naturale e che viene riproposta con un’estetica dai connotati onirici, primordiali e spirituali con l’intenzione tuttavia di superane i clichés e offrire nuove chiavi interpretative. Altamente esemplificativa è in questo senso “Discovery”, imponente olio su tela rappresentante quattro individui in cerchio attorno a un flusso continuo di esalazioni. È un mistero che non è dato svelare e davanti al quale si invita a una contemplazione inerme. Bastano invece pochi passi affinché si venga letteralmente inglobati e trasportati in una dimensione altra con l’installazione ambientale “Athens by Night” di Andreas Angelidakis, architetto di formazione che, stando alle sue stesse parole, non mira tanto a “costruire” quanto invece “mostrare”, nell’intenzione di voler ricreare uno scenario capace di far coesistere le antiche rovine di Atene con quelle “rovine” esemplificanti invece i drammatici lasciti delle ben più recenti crisi economiche e sociali. Si assiste a una vera e propria sovrapposizione temporale con video e animazioni 3D proponenti un’indagine dei siti archeologici greci nell’attuale ed eterea contemporaneità digitale assieme invece a moduli di cuscini di schiuma che, in un coinvolgimento non solo emotivo ma anche fisico, invitano tramite il loro spostamento a una partecipazione attiva dell’osservatore in un’ottica di speranza nella costruzione di nuovi modelli di vita collettiva.
Similmente, architetture imponenti nonché il concetto di attivazione dell’opera da parte del visitatore, si ritrovano anche in lavori quali “Le terrain de tous les possibles” e nella serie “The Labyrinth of passions” di Joël Andrianomearisoa. Le installazioni sono il frutto dell’assemblaggio di vestiti, tessuti e carte che paradossalmente appaiono come strutture totalizzanti ma al tempo stesso intrinsecamente fragili data la natura dei materiali costituenti, continuamente smossi dal movimento e respiro di chi guarda. Si è invitati dunque a lasciarsi sovrastare per innescare un processo di coinvolgimento che non deve avere alcun freno e a cui, visivamente, fa da interlocutore la scintillante scritta “DISASTROSLY BRILLIANT” di :mentalKLINIK in un trionfo di emotivo a 360 gradi. Senza dubbio, lo stimolo visivo non s’interrompe di fronte ai cartoni di Thomas Lélu, lavori di stampo concettuale con cui l’artista si ripropone di concretizzare quella fusione tra arte e vita proponendo, mediante l’attitudine della protesta, espressioni proprie della nostra epoca e quotidianità sotto forma di slogan. Quel senso di impegno e lotta viene dunque annullato e caricato invece di nuovi significati, specchio della contemporaneità attuale. Accanto a questi si ritrovano poi le meravigliose stampe digitali di Lin Zhipeng (noto anche come No. 223) volte a dare voce e dignità alla voglia di leggerezza, innocenza e spirito edonistico di quella gioventù cinese post anni ’80 e ’90, in un tentativo di evasione dal peso della propria tradizione millenaria. A conclusione del percorso, i lavori di :mentalKLINIK e Thomas Lélu sono posti in dialogo con l’estetica del quotidiano di Luna Paiva, che tramite processi di doratura o fusione in bronzo dona una nuova aura di sacralità ed eternità a quegli elementi (ad esempio sedie da giardino) che all’interno dell’attuale società consumistica semplicemente scompaiono in un processo di continua sostituzione. Sono i nuovi idoli di un tempo che necessita di un rallentamento, per fermarsi a scoprire e ammirare quel senso di bellezza intrinseca in una – soltanto apparente – banalità dell’ordinario che invece si perde nella frenetica successione di momenti del tutto svuotati della propria essenza vitale.
Forse, il bello di “Signs of The Times” è da ritrovarsi proprio in questa sua ferma intenzione a non volersi fare portavoce di sedicenti fantasiose e unidirezionali soluzioni, quanto invece nel fermarsi poco prima e puntare i riflettori su una nuova, tra le tante possibili, strada da percorrere. Un tentativo di smuovere le coscienze individuali mediante l’atto creativo. Un tentativo che nonostante le sue ardite architetture, irriverenza e scintillante brillantezza vuole che traspaiano tutte le sue intrinseche fragilità e insicurezze su che cosa si dovrà fare dopo. Un riflesso di quegli essenziali tasselli della complessità umana tanto temuti e sempre più ostracizzati da una modernità che ancora fatica ad accettarne la natura. E forse, di fronte a questo mostro labirintico che è il futuro, “Signs of The Times” ci invita a ricostruire proprio da qui. Tutti insieme, mattone dopo mattone.
Info:
Signs of The Times
a cura di Jérôme Sans
Artisti: Joël Andrianomearisoa, :mentalKLINIK, Andreas Angelidakis, Romain Bernini, Thomas Lélu, Lin Zhipeng (No.223) e Luna Paiva
20/11/2021 – 22/01/ 2022
Apalazzo Gallery
Piazza Tebaldo Brusato, 35, 25121 Brescia
For all the images: courtesy of Apalazzo Gallery, Brescia
:mentalKLINIK, PUFF OUT M_2101, 2021, 8 vacuum cleaning robots with special caps and charging unit, various glitters; :mentalKLINIK, LOVER_RP1301, 2013, red tempered glass, micro layered polyester films, coated stainless steel and liquid polymer resin
Thomas Lelù, In Gold We Trust, 2021, acrylic on lacquered canvas; :mentalKLINIK, MOËT, 1802-B, 2018, polished brass sculpture
Andreas Angelidakis, Night Ruin, 2021, vinyl, foam, wallpaper and 4 channel video and sound
Joël Andrianomerisoa, The Labyrinth of passions, 2021, collage, silk paper, wood and metal; Thomas Lelù, Thought they were joking, 2021, spray paint on cardboard; Thomas Lelù, Nothing Personal, 2021, spray paint on cardboard
Romain Bernini, Discovery, 2021, oil on canvas; Marquee moon, 2020, oil on canvas; Him (II), 2021, oil on canvas
Con una laurea specialistica in Economia e Gestione dei Beni Culturali e appassionato all’ambito dell’arte Contemporanea, alla sua dimensione economica e, più in generale, alle dinamiche caratterizzanti il mercato dell’arte, Gabriele ha maturato nel corso del tempo esperienze in contesti quali gallerie d’arte contemporanea, start-ups ed Art Advisory. Attualmente lavora nella casa d’aste Art-Rite come assistente di dipartimento di arte Moderna e Contemporanea.
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