L’ontologia di Democrito si fondava sull’intuizione di infiniti atomi eterni, immutabili e indivisibili, principio primo di ogni realtà, in incessante movimento all’interno di uno spazio vuoto infinito. Gli atomi democritei, quantità infinitesime della medesima materia avvertibili solo tramite l’intelletto, erano del tutto privi di determinazioni qualitative, ma differivano negli aspetti quantitativi di forma, ordine e posizione. Tale concetto, ripreso dalla fisica epicurea e successivamente dal poeta latino Lucrezio nel De rerum natura, era alla base della teoria atomistica del clinamen, secondo la quale la realtà risultava composta di atomi eternamente in movimento, i quali – aggregandosi e disaggregandosi in seguito a casuali deviazioni dalla loro verticale linea di caduta – davano origine ai differenti corpi e al loro divenire in termini di nascita e di morte. Una fatalità priva di causa che accade in una sfera preclusa alle nostre percezioni sensoriali è dunque, secondo queste teorie, il fondamento della realtà sensibile e dei nostri stessi corpi. Richiama quest’orizzonte mentale anche la poetica di Silvia Listorti (Milano, 1987), che nella sua prima personale alla galleria Studio G7 di Bologna attinge proprio alle suggestioni filosofiche qui evocate per suggerire il filo conduttore della sua ricerca artistica, incentrata su una rifrazione, discreta quanto appassionata, della natura mutevole e fragile dell’esistenza.
La mostra è popolata da cinque opere inedite in dialogo con lo spazio espositivo, un ambiente reso rarefatto e sensiente dalla loro diafana presenza, che lo scandisce con delicatezza pausandone il bianco concettuale con altre gradazioni di bianco, a tratti punteggiata da soffuse note di colore. Ciascuno di questi lavori si configura come un accadimento democriteo, come il riverbero di un gesto che l’artista lascia nella materia attendendone (e invitandoci ad attendere) le infinitesimali ripercussioni atmosferiche. Emblematica in tal senso è l’installazione Se le orecchie vedono e gli occhi ascoltano, composta dalla successione di nove candidi moduli in terracotta di uguale grandezza. Questi parallelepipedi, simili a risme di carta intonse o a panetti di argilla ancora da plasmare, appaiono teneramente omologati nelle loro imperfezioni, che li ravvivano senza indebolirne l’aura archetipale. Alla loro coesistenza sincronica su un piano puramente mentale si sovrappone la diacronia dell’azione dell’artista, che sulla superficie di ciascuno di essi ha lasciato l’impronta di un orecchio, alternativamente il destro e il sinistro, suggerendo lo svolgersi di un movimento di ascolto. In tutte le sue opere Silvia Listorti, in istintiva adesione alla logica sottesa alla fisica epicurea, sembra interpretare il proprio gesto come una sollecitazione allo spazio e alla materia in cui l’opera è il risultato dello spontaneo riassestarsi dell’esistente dopo aver metabolizzato le ripercussioni di questo movimento. L’inversione dei sensi suggerita dal titolo dell’opera (e spesso i suoi lavori portano nomi da ascoltare come frammenti poetici), amplifica il visibile nell’ulteriore dimensione della parola, confermando l’esistenza di una misura che ritma la creazione qualsiasi sia il mezzo espressivo da lei utilizzato.
Il fulcro emozionale della mostra è nell’opera Alle spalle, la notte, sinuosa intercapedine di vetro ondulata, forma ambigua e desiderante, generata dal calco delle spalle dell’artista, che sublima nella trasparenza la sua matrice organica. Non dunque un accenno di corpo maschile o femminile e nemmeno l’individuazione di un seppur labile confine per separare il sé dall’altro, ma il tentativo di dare tangibilità visiva alla vibrazione di un respiro che rileva una delle molteplici sfaccettature dello spazio in cui siamo immersi. La leggerezza della rielaborazione dell’artista è assimilabile al vapore che, alitando, depositiamo su una superficie fredda, sulla quale, al suo dissolversi, compaiono per un attimo le tracce, altrimenti latenti, lasciate nel corso del tempo da altri accadimenti. Silvia Listorti, muovendosi in punta di piedi nello spazio, attraversa la materia per poi fare un passo indietro ad auscultare l’assenza in cerca di una non risposta, offrendo a chi condivide la sua «fede in niente ma totale» uno spazio neutro in cui ciò che esiste è la conseguenza naturale di ciò che la materia fa di per sé quando è attivata ma non forzata. Se ciò che dunque sembra plasmare la scultura è la lieve gravità che il suo intervento trasmette agli atomi costitutivi del materiale che ne riceve l’impronta, la stessa volontà di entrare in contatto con lo spazio condizionandone le vibrazioni con il peso etereo del suo ingresso all’interno di esso è all’origine anche della realizzazione dei disegni.
Nella serie grafica intitolata Sovrapposizione lo spazio è quello poroso e permeabile della carta di riso, su cui grafite e pigmenti puri si stratificano in orizzontale consumando il supporto e modificandone lo spessore a seconda dell’insistenza dell’artista nel volersi soffermare su ogni singolo punto con l’attenzione che imprime forza alla sua mano. Come nelle sculture, ritornano tenui gradazioni di opacità e trasparenza, applicate a una gamma cromatica che per la prima volta non si limita alla minimale dialettica tra il nero della grafite e il bianco del foglio a cui si atteneva la sua produzione precedente. Questa sequenza, quintessenzialmente delicata come tutti gli altri lavori in mostra, lascia maggiormente trapelare rispetto alle sculture quell’aspetto volitivo e determinato che conferisce rigore concettuale all’incanto della sua poetica. Nell’uso di tonalità primarie attentamente diluite per essere “intermedie” troviamo, quindi, una calibrata ricerca percettiva sulla spazialità generata dal colore, mentre il localizzato addensarsi della grafite in certe porzioni del piano pittorico, a prima vista simile a una fortuita spolveratura nera, se osservata da vicino si rivela come una micro-struttura capillare, stabile e coerente pur nella sua consistenza quasi vaporosa.
Info:
Silvia Listorti. Clinamen
9/04 – 14/06/2024
Galleria studio G7
via Val D’Aposa 4/A, Bologna
https://galleriastudiog7.it/
Laureata in storia dell’arte al DAMS di Bologna, città dove ha continuato a vivere e lavorare, si specializza a Siena con Enrico Crispolti. Curiosa e attenta al divenire della contemporaneità, crede nel potere dell’arte di rendere più interessante la vita e ama esplorarne le ultime tendenze attraverso il dialogo con artisti, curatori e galleristi. Considera la scrittura una forma di ragionamento e analisi che ricostruisce il collegamento tra il percorso creativo dell’artista e il contesto che lo circonda.
NO COMMENT