Marco Ceroni (Forlì, 1987) vive lo spazio urbano come se fosse una giungla magica, un universo composto di mondi paralleli abitati da tribù di persone in simbiosi con le proprie visioni: nonostante si muovano in interstizi spazio-temporali diversi, a volte le loro vicende si intersecano e da questo incontro nasce l’inaspettato. L’artista nei suoi lavori riesce a materializzare quell’istante di attraversamento in cui i codici, mescolandosi, fanno scaturire la sorpresa, “l’attimo magico che ci dà l’emozione di fronte a un’opera”, per ricordare le intelligenti parole di Lea Vergine, recentissimamente scomparsa. Marco Ceroni attinge il suo vocabolario dalla strada, intesa come miscela esplosiva di cemento, vetro, fanali accesi, edifici vandalizzati, dissuasori di velocità, recinti, car tuning, bombolette spray ma anche musica rap e trap, street wearing, film cult, amicizie, insulti e salti nel vuoto. Le periferie metropolitane e i quartieri di provincia sono per lui ecosistemi di cose a cui il suo sguardo aderisce, attratto dalle alterazioni che fanno perdere agli oggetti il loro valore reale, trasformandoli in infiniti abbozzi di storie-trappole. La strada è un luogo denso di contraddizioni e contrasti generati dalla collisione tra il banale del quotidiano e il perturbante: gli squarci fatti nei sellini delle moto per sfogare la noia diventano allora minacciose maschere tribali, il marciapiede un dislivello da addentare e le carcasse di auto abbandonate nell’hinterland milanese luccicano come se fossero d’oro. Gli interventi del giovane artista forlivese danno nuova forma al paesaggio e propongono all’osservatore un’esperienza di contaminazione e di viaggio in cui frammenti di realtà decontestualizzati e modificati si ingigantiscono fino a spingere in superficie il sogno.
Tra gli elementi della scena urbana più ricorrenti nella poetica di Marco Ceroni troviamo i componenti dei motorini illegalmente smontati e ri-assemblati nei cortili delle case, il più iconico dei quali è forse la carena del Booster (MBK 1990), un leitmotiv nella sua produzione artistica degli ultimi anni. E proprio questa forma è la matrice della mostra SLAG a Gallleriapiù, che nasce come esito di una residenza dell’artista al Museo Carlo Zauli di Faenza, virtuosa istituzione locale che da anni porta avanti la mission di esplorare il rapporto tra ceramica e arte contemporanea invitando artisti di rilievo internazionale che abitualmente non utilizzano questo materiale a confrontare i propri linguaggi creativi con le sollecitazioni arcaiche della terra da cuocere. Se da parte sua l’artista, inizialmente orientato verso radicali prelievi fisici di realtà rimontati e trasfigurati con la tecnica del tuning, aveva da un po’ di tempo iniziato a sagomare materiali artificiali come le vetroresine o il cemento, nell’incontro con la creta scopre la possibilità di un intervento di modellato più massiccio e l’opportunità di esplicitare un’attenzione più minuziosa per i sottosquadri e i dettagli. Con l’irruzione del nuovo medium creativo gli abbinamenti e i contrasti tra materiali che sostanziano la sua ricerca estetica vengono traslati nella tensione interna tra i diversi aspetti con cui si può stabilizzare la ceramica: si tratta sempre di prelievi di realtà, ma sparisce la presenza fisica dell’elemento reale, che viene sostituita dalla sua esistenza formale e immaginifica.
E quindi SLAG (SCORIA), titolo unico per ogni pezzo di questa collezione di sculture, è il calco ripetuto della medesima carena di motorino, al cui interno Marco Ceroni interviene modellando dentature sempre differenti lavorate con l’argilla in forma, che emergono da textures mutuate dal mondo meccanico e animale. L’antagonismo tra le due diverse anime di queste creature, estreme discendenti dei folli bestiari medievali, viene enfatizzato dall’efficace scelta dei colori, che nella loro palette base restituiscono una sorta di camouflage urbano. Le tre tonalità selezionate (una terra grigio-cemento, una color tabacco e una antracite) corrispondono alle gamme cromatiche naturali della terra refrattaria utilizzata e in ogni opera si presentano sia nella versione lasciata grezza, solitamente l’esterno carenato, e sia in una versione più lucida e umorale, normalmente visibile all’interno, generata dall’applicazione di una cristallina trasparente che in fase di seconda cottura fa emergere anche i pigmenti colorati originati dalla terra. L’arrogante visceralità organica dell’interno, che immaginiamo molle e preziosamente vivo, riporta a un’idea di oralità come soddisfazione dei bisogni primari, ma anche come linguaggio aggressivo, come slang urbano dove l’invettiva viene formalizzata nella struttura del contest, sotterranea forma di convivialità urbana in cui l’artista si sente a suo agio. Ma nelle crettature, simili a zolle di terra o alle trame superficiali dei copertoni, in cui i denti sono conficcati troviamo anche l’idea di aggrapparsi tenacemente alla strada che, assieme al design ergonomico delle mascelle, potrebbe essere l’attributo dell’ultimo modello di sneakers, un altro oscuro feticcio suburbano.
A questo punto l’immaginario street accelera e incontra l’idea del brand, che porta Marco Ceroni a rileggere la galleria come un Temporary Store (con tanto di piedistalli-espositori progettati ad hoc, le cui forme leggermente ondulate richiamano le rampe degli skatepark) per il lancio di SLAG e ad attivare un vero e proprio featuring con altri artisti che condividono il suo stesso background e con giovani esponenti di ambiti esterni al sistema dell’arte. L’idea è quella di muoversi al confine tra vari circuiti parlando di una serie di opere singolarmente autonome come se si trattassero di prodotti appartenenti a una collezione, evidenziando quanto le modalità di lavoro del settore artistico possano essere vicine a quelle adottate in altri rami della produzione e della comunicazione, come la musica o la moda. Quest’intuizione, spiazzante per la schiettezza con cui viene manifestata, non inficia la personalità individuale di ciascuno di questi pezzi unici, ma esaspera il loro statuto ibrido, in bilico tra la ribellione e l’edizione limitata e fa sì che la ripetizione tipica della serie finisca per amplificare proprio le reciproche differenze.
Tra i compagni di viaggio della sua campagna digitale e mimetica, Marco Ceroni coinvolge Stefano Serretta e Giorgio Bartocci, autori di un wall painting a quattro mani in galleria, il cui concept richiama le dinamiche comunicative di brand e la consuetudine di omologare l’ambientazione degli store alle caratteristiche della nuova collezione, come se lo spazio stesso funzionasse da generatore di messaggi subliminali. Il lettering esploso di Serretta si fonde quindi con la pittura organica e ricettiva di Bartocci in una raffinata convergenza di sguardo che non si distrae mai dal rapporto con le sculture. Al talento crudo e spontaneo di Toni Brugnoli, fotografo della scena milanese, viene affidato il lancio mediatico delle opere, mentre al graphic designer Gabriele Colia lo sviluppo dell’identità visiva e il design del packaging, un imballaggio adatto al trasporto tramite corriere di un oggetto fragile, con tanto di etichetta con specifiche tecniche, codice a barre e certificazione del Museo Carlo Zauli. Partecipano al flusso creativo di questo labirintico gioco di appropriazioni anche Veronica Santi, autrice del video trailer promozionale girato all’interno del museo e Stefano Maniero con le sue immagini still life che ammiccano al mondo commerciale. Per terminare il racconto di questa mostra, esempio di sperimentazione basata su una lungimirante triangolazione tra un artista, un museo-laboratorio e una galleria a supporto del processo creativo, segnaliamo #slagcontest, competizione su Instagram che assegnerà a un fortunato vincitore una collana-SLAG disegnata da Marco Ceroni.
Info:
Marco Ceroni. “SLAG”
25.09 – 19.12.2020
Gallleriapiù
Via del Porto 48 a/b, 40122 Bologna
Marco Ceroni, SLAG, installation view at Gallleriapiù. Ph. Stefano Maniero
Marco Ceroni, SLAG, installation view at Gallleriapiù. Ph. Stefano Maniero
Marco Ceroni, SLAG, installation view at Gallleriapiù. Ph. Stefano Maniero
Marco Ceroni, SLAG, installation view at Gallleriapiù. Ph. Stefano Maniero
Marco Ceroni, SLAG, installation view at Gallleriapiù. Ph. Stefano Maniero
Marco Ceroni, SLAG, 2020. Ph. Stefano Maniero. Courtesy Gallleriapiù and the artist
Laureata in storia dell’arte al DAMS di Bologna, città dove ha continuato a vivere e lavorare, si specializza a Siena con Enrico Crispolti. Curiosa e attenta al divenire della contemporaneità, crede nel potere dell’arte di rendere più interessante la vita e ama esplorarne le ultime tendenze attraverso il dialogo con artisti, curatori e galleristi. Considera la scrittura una forma di ragionamento e analisi che ricostruisce il collegamento tra il percorso creativo dell’artista e il contesto che lo circonda.
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