Saranno visitabili fino all’8 settembre in un percorso-mostra a cielo aperto le opere selezionate per la quarta edizione di SMACH, biennale d’arte internazionale dedicata alla Land Art incentrata sul binomio “arte e natura”. Gli artisti vincitori hanno realizzato le loro installazioni, progettate e ideate specificamente per i vari siti, in 10 località d’interesse storico-culturale nei comuni di San Martino in Badia e Marebbe. L’obiettivo del festival è promuovere una conoscenza approfondita e in fieri degli aspetti storici, culturali e tradizionali del territorio dolomitico attraverso il dialogo con l’arte, messa a confronto con una natura maestosa e senza tempo.
Questa edizione di SMACH mette al centro la parola “Heimat“, un sostantivo che risulta intraducibile in molte lingue, spesso ricondotto a concetti come “terra natìa” che finiscono per essere banalizzanti, se non fuorvianti. Heimat possiede in sé una carica identitaria molto più forte: non individua semplicemente un luogo, ma un insieme di valori condivisi e spontanei, che riconducono alla dimensione dell’infanzia, evocando la sensazione positiva che si scatena in noi quando pensiamo alle nostre origini, alla nostra identità o, al contrario, il senso di solitudine e impotenza che si manifesta quando percepiamo la perdita di tale legame.
Tra le opere esposte si fa senz’altro notare l‘installazione interattiva Junín di Anuar Portugal (Mexico City, Messico) esposta al Ciastel de Tor in cui nove sedie opportunamente troncate sono disposte in modo tale che i sedili formino un arco. Lo spettatore può scegliere su quale prendere posto e l’accoglienza varierà in base alla collocazione dell’opera: sul pendio di una collina, ad esempio, la sedia più stabile e diritta sarà una di quelle con le gambe mozzate e non quella centrale preferibile in pianura. Le sedie fanno convergere più elementi che alludono a un concetto di Heimat delimitante ed esclusivo – sono conficcate parzialmente nel terreno ed evocano così le radici che ci legano alle nostre origini; inoltre sedia richiama la sedentarietà, che implica un sentimento di appartenenza preciso e restrittivo. Sedersi per riposare su una di queste sedie catalizzerà sensazioni che forse tenderanno nostalgiche verso ricordi atavici – il ritorno alle radici è infatti anche suggerito dal titolo dell’opera, ispirato a una poesia di Borges che parla del ritorno nella città del nonno.
Altrettanto suggestiva l’installazione Homestead di Arianna Moroder (Bolzano, Italia) una composizione di maglioni colorati posti a terra in una sintesi armoniosa. Da ben dieci anni l’artista colleziona pullover di persone che ha conosciuto nel corso della sua vita e che, in quest‘ocasione, ha ricucito tra di loro. Ogni singolo pezzo rappresenta un tassello di vita, una relazione significativa, e l’artista, come una pittrice, li dispone per terra. Esposti alle intemperie, nel giro di pochi mesi sbiadiranno e si passerà da uno stato iniziale di contrasto cromatico all’instaurazione di una simbiosi con il prato che li ospita. Questo tappeto invita a rendersi conto della pluralità di sfaccettature che concorrono alla costruzione e definizione di Heimat, la quale può concretizzarsi in un posto, ma è soprattutto un’emozione che si instaura nella condivisione, nel vissuto comune intrecciato fra vite e culture diverse; è una sensazione che crea senso di appartenenza.
Vague, installazione del gruppo artistico VOLNA (St. Petersburg, Russia) è composta da ventisette dischi di vetro appesi ad un semicerchio di acciaio. Posizionato in un punto panoramico, lo spettatore guarda attraverso i vetri che, grazie a un dispositivo alimentato da un pannello solare, cambiano continuamente la loro opacità/trasparenza. Gli artisti vogliono ricreare il sentimento di cosa proviamo quando ci “immergiamo in noi stessi” e, guidati da una torcia emotiva, focalizziamo sempre solo alcuni elementi, mentre altri rimangono nell’oscurità. Certe immagini dei nostri ricordi saranno molto vertraut – familiari, ma non per forza esse sono immagini nitide e dai confini visuali chiari. Nei ricordi di luoghi familiari oppure di esperienze d’infanzia compaiono nella nostra memoria sia immagini eidetiche e fotografiche che immagini con i contorni indefiniti. L’opera è dunque un tentativo di dare una forma visiva al concetto Heimat: esso è qualcosa di fugace, complesso e sfocato, ovvero, non carpibile nella sua totalità, la quale necessariamente rimane indeterminata, “Vague”.
Garden di Qai Jiang Hew (Hamburg, Germania) consiste in una serie di pali piantati nel prato, drappeggiati in sontuosi panni rossi, atti a stilizzare la sagoma di un fiore e creare così un giardino, nella fattispecie un roseto – chiaro riferimento al massiccio del Catinaccio, che in lingua tedesca è chiamato Rosengarten, letteralmente giardino delle rose. Il colore rosso è rilevante per le pallide Dolomiti, tanto da essere al centro della saga di Re Laurino e della sua frettolosa maledizione dall’esito formidabile dell’enrosadira (il rosseggiare di queste montagne all’alba e al tramonto); e proprio questa potenza cromatica lega il contesto espositivo alla cultura d’origine cinese dell’artista, che vive il rosso come un colore di buon auspicio; ne consegue una dilatazione della Heimat, la quale, anche molto lontano da casa, può essere evocata nella confortevolezza di dettagli essenziali.
Oltre al percorso temporaneo, un emozionante viaggio nell’arte e nella natura incontaminata, da quest’estate è possibile visitare la “SMACH.Val dl’Ert” (Valle dell’Arte) un parco di sculture situato nella località di San Martino in Badia dove si potrà ammirare la mostra permanente delle sculture acquisite durante le ultime edizioni del concorso d’arte SMACH. Situato in una foresta alpina, intatto e lontano dalla civiltà, raccoglie lavori di artisti provenienti da tutto il mondo. L’arte in un contesto naturale stabilisce una relazione complementare tra le opere, che si arricchiscono a vicenda attraverso un dialogo continuo. I visitatori possono trascorrere alcune ore in totale tranquillità in mezzo alla natura che mira a preservare un’autentica dimensione alpina.
Claudia Perrone
Info:
Anuar Portugal, Junín, 2019
Arianna Moroder, Homestead, 2019
VOLNA, Vague, 2019
Qai Jiang Hew, Garden, 2019
Elisabeth Eite, Dem Ferner Näher, 2019
Photo credits: Gustav Willeit – guworld.com
is a contemporary art magazine since 1980
NO COMMENT