A Basilea, sulla Messeplatz, accolti festosamente dalla performance delle gigantesche sfere trasparenti di Monster Chetwynd, mosse da dentro dai ballerini, si doveva decidere se mettersi subito all’opera affrontando i due piani di Art Basel, oppure respirare ossigeno d’alta quota andando a visitare la sezione Unlimited con le opere oversize, oppure rivolgersi a Liste, con le gallerie di ricerca che propongono giovani da lanciare. La speranza è che si ritorni a vivere come prima in modo da rivedere ai prossimi appuntamenti tutta quella metà del mondo che non abbiamo visto questa volta, nemmeno a Miart: Oriente, americani, paesi balcanici, ecc. Due anni fa, a Basilea, alcuni stand erano delle vere opere d’arte proprio grazie all’allestimento, alla presentazione, alla piacevolezza dell’articolazione dello spazio, e questo a prescindere dalle singole opere. Quest’anno forse era percepibile la necessità di vendere e quindi è prevalsa una disposizione paratattica e mirata.
Siamo entrati prima a Liste. Bella la disposizione degli stand in cerchio sia all’interno e sia all’esterno ed ecco alcune belle proposte di artisti nuovi come quelle che fa Crisis, Galleria peruviana di Lima con l’artista venezuelana- ecuadoriana Ana Navas, con un’opera come Pyramid (2018), fatta di tessuto, capelli, pittura su seta, pane, resina epossidica. L’artista usa vari media esplorando quali di un oggetto potrebbero essere i nuovi contesti in cui potrebbe riapparire. O la galleria Efremidis di Berlino con l’artista Hannah Sophie Dunkelberg che propone camini-casa per un gran bisogno di calore (vedi SUN CITY nord, 2021, compensato MDF, floccato). O la galleria di Varsavia Serce Czlowieka che presenta vari artisti tra cui Marta Niedbal, che col suo lavoro rivela fughe sensuali e confini instabili, e dimostra un interesse alla fluidità, che sfida i dualismi e le dicotomie e riflette su dove inizia e finisce il corpo. The Temptress (Kusicielka) 2021, opera in tessuto, via di mezzo tra arazzo e quadro, col suo buco in mezzo invita lo spettatore a entrare nel corpo, nella sua connessione con l’affetto, l’emotività e la sessualità. O, ancora, la Galleria Drei di Colonia con Phung-Tien Phan con opere come Dino a rischio, 2021 (mensola da cucina, dispositivo per l’acqua gassata, peluche, gancio, bastoncini d’incenso, lama per sega). Con grande ironia Phung-Tien Phan esamina gli stili di vita contemporanei, le loro implicazioni sociali e il comportamento affermativo dell’individuo in diversi ambienti e comunità. Tuttavia, lo spazio all’interno del cerchio poteva essere definito meglio e arricchito con delle installazioni più interessanti.
Ma tornando a ArtBasel e ad Unlimited, fatte passare le gallerie più conosciute, ecco le opere trasparenti di Ragen Moss (New York, 1978) in acrilico, polietilene, alluminio e hardware in acciaio, a volte con testi, scrittura a mano, presentate da Gisela Capitain di Cologne e Bridget Donahue di New York e le dieci nuove sculture sospese al soffitto, presenti col titolo Humane Imagination (2020-2021) sono contemporaneamente di grande leggerezza e di grande intensità. Con forme organiche affrontano la questione dello spazio interno metaforicamente come interiorità. Le sue opere sono nelle collezioni del Whitney Museum di New York e nel Museum of Contemporary art di Los Angeles dove vive. Per non farci mancare un po’ di pittura classica ecco la Galerie Artconcept che presenta Corentin Grossmann. L’artista mescola varie influenze iconografiche che vanno dalla pittura medievale all’arte popolare, dalle immagini di copertina dei dischi ai prodotti di modellazione 3D. Ritroviamo Hieronymus Bosch o Brueghel il Vecchio con le loro composizioni in cui sono disposti una moltitudine di elementi a prima vista disparati, immaginifici, straordinari. Da una parte quindi la dimensione surreale e onirica, dall’altra rimandi a fatti di attualità come il terremoto avvenuto ad Haiti nel 2011, o più in generale fenomeni legati alla globalizzazione. Quando poi abbiamo incontranto i lavori di Kara Walker, col suo stile e colore immediatamente riconoscibili, con scene provocatorie che riguardano razzismo, sessualità e violenza, con riferimento alla storia degli Stati Uniti dalla schiavitù alla presidenza di Barack Obama, abbiamo deciso di trasferirci al Kunstmuseum per vedere nel Kupferstichkabinett la prima mostra personale completa sul suolo svizzero dell’artista con oltre 600 disegni tenuti sotto chiave in studio negli ultimi 28 anni.
Dopo una giornata dedicata alle gallerie arciconosciute (di cui non parliamo perché non si finirebbe più) se fortunati, stanchi per il giro di esplorazione, si poteva entrare nella Vip louge a prendersi qualcosa da bere o da mangiare. E qui si era accolti dalla installazione Suspensions di Emil Michael Klein con i suoi tendaggi che preludono all’opera pittorica che consiste in linee blu, olio su tela, con aloni rosa. Blu mare e tende color sabbia usate per rivestire divani, cuscini, ecc. dalla Sanlorenzo, leader nella costruzione di Yacht e qui sponsor dell’opera. L’artista è presentato da Daniel Baumann direttore della KunstHalle di Zurigo. Sanlorenzo nei prossimi tre anni parteciperà alle tre Art Basel nel mondo e ogni volta presenterà un artista in uno spazio dedicato.
Monster Chetwynd, Tears, 2021, ph Emanuele Magri
Phung-Tien Phan, Dino a rischio 2021, ph Emanuele Magri
Emil Michael Klein, Suspensions, 202, ph Emanuele Magri
Emanuele Magri insegna Storia dell’Arte a Milano. Dal 2007 scrive dall’estero per Juliet art Magazine. Dagli anni settanta si occupa di scrittura e arti visive. Ha creato mondi tassonomicamente definiti, nei quali sperimenta l’autoreferenzialità del linguaggio, come “La Setta delle S’arte” nella quale i vestiti rituali sono fatti partendo da parole con più significati, il “Trattato di artologia genetica” in cui si configura una serie di piante ottenute da innesti di organi umani, di occhi, mani, bocche, ecc, e il progetto “Fandonia” una città in cui tutto è doppio e ibrido.
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