A Siena, la galleria FuoriCampo presenta una mostra sulla cura, coinvolgendo gli spazi dell’Orto Botanico dell’Università di Siena e dell’Accademia dei Fisiocritici. Fino al 3 luglio 2024, un gruppo di artisti composto da Bora Baboci, Adam Bilardi, Enej Gala, Cecilia Granara, Julien Monnerie, Jessy Razafimandimby e Ambra Viviani, con la curatela di Giacomo Pigliapoco, pianta il seme della cura. Il progetto Sowing the seed of care raccoglie in sé opere che parlano di relazioni intime tra l’uomo e gli oggetti inanimati, la natura e gli ambienti. Il curatore Giacomo Pigliapoco risponde ad alcune domande per approfondire la mostra.
Angelica Lucia Raho: Come si struttura la mostra e in che modo dialoga con i luoghi scelti?
Giacomo Pigliapoco: Ogni luogo è stato selezionato per il suo significato simbolico e la sua capacità di amplificare i temi trattati. La Galleria Fuoricampo ospita le opere principali, creando un ambiente di riflessione e discussione sull’ecologia e la cura. L’Orto Botanico, con l’intervento installativo di Bora Baboci, diventa un simbolo vivente di rigenerazione e connessione con la natura, mentre l’intervento di Ambra Viviani all’Accademia dei Fisiocritici, istituzione dedicata alla scienza e alla natura, invita a un dialogo profondo tra uomo e animale. Queste due sedi, storicamente presenti nel tessuto della città di Siena, esprimono un atto intrinseco di dominazione. Le piante, prelevate dai loro habitat naturali, vengono trapiantate nell’Orto, un ambiente controllato, dove le condizioni di crescita sono artificialmente regolate. Questo atto di controllo sottolinea il potere umano di manipolare e gestire la natura. Le specie esotiche sono state selezionate non solo per la loro rarità o bellezza, ma anche per il prestigio e la curiosità scientifica che portano. Allo stesso modo gli animali presenti all’Accademia sono stati cacciati, uccisi e imbalsamati per essere storicamente esposti come trofei, testimoni di una superiorità umana che non si limita a osservare la natura, ma la possiede e la manipola. Come suggerito da Donna Haraway, Bernard Stiegler e Manuela Macelloni, riconoscere la fragilità dei viventi e il nostro legame con essi implica una responsabilità etica. Attraverso una comprensione più profonda e una maggiore consapevolezza, possiamo trasformare questi spazi di contraddizione in catalizzatori per una nuova modalità di esistenza in armonia con le altre forme di vita. Riconoscere e accettare la nostra “responso-abilità” verso tutte le forme di vita è il primo passo per costruire un futuro dove la cura (e non la dominazione) sia al centro del rapporto umano con la natura.
Da dove deriva il titolo?
Il titolo è un invito a immergersi nella coesistenza radicale e nella creazione di reti di cura, così come nelle elaborazioni immaginative legate all’ambiente. Seminare la cura significa impegnarsi attivamente nella protezione e nella rigenerazione del nostro ambiente e delle relazioni con gli altri esseri viventi, umani e non. È un atto di consapevolezza e responsabilità che mira a costruire un futuro più sostenibile e armonioso. Il titolo riflette la necessità di prestare attenzione alle ecologie della cura, sfidando l’idea che gli esseri umani esistano come individui separati, e promuovendo una cultura della cura interspecie.
La riflessione che proponi si incentra sui meccanismi di dominazione dell’uomo sulla natura e sugli organismi non-umani. C’è anche un aspetto che riguarda, invece, il rapporto tra simili? Come una tendenza antropologica dell’uomo verso il dominio sull’altro?
Esattamente, questo comportamento di dominazione non è limitato solo al rapporto tra uomo e natura, ma si estende alle relazioni umane stesse. La mostra invita a riflettere su come la cultura della cura e della responsabilità possa trasformare non solo il nostro rapporto con l’ambiente, ma anche le nostre interazioni sociali. Promuovere la cura significa abbracciare un approccio empatico e rispettoso, che riconosce il valore intrinseco di ogni individuo e la necessità di costruire relazioni basate sulla cooperazione e il rispetto reciproco, anziché sul dominio e l’oppressione.
In che modo il pensiero post-umanista e il concetto di cura dialogano in questa mostra?
Il post-umanismo sfida l’antropocentrismo tradizionale, proponendo una visione del mondo in cui l’umanità non è al centro, ma è parte integrante di un ecosistema complesso e interdipendente. Questa visione post-umanista è fondamentale per promuovere una cultura della cura, che riconosce l’importanza di ogni forma di vita e la necessità di agire con responsabilità e amore verso l’ambiente e gli altri esseri viventi. Le opere esplorano queste idee attraverso installazioni sonore, sculture, disegni e dipinti, creando uno spazio di riflessione e dialogo che incoraggia i visitatori a riconsiderare il loro ruolo nel mondo e a impegnarsi in pratiche di cura e rigenerazione. Abbracciando la cura come principio guida, possiamo sperare di creare un futuro in cui l’umanità e le altre creature viventi possano prosperare insieme in armonia.
Info:
AA.VV. Sowing the seed of care
a cura di Giacomo Pigliapoco
28/05 – 3/07/2024
FuoriCampo
Via dei Termini 44, Siena
Museo Storia Naturale dell’Accademia dei Fisiocritici
Piazzetta Silvio Gigli 2, Siena
Orto Botanico dell’Università di Siena (SIMUS)
Via Pier Andrea Mattioli 4, Siena
Lecce, 1999. Consegue una laurea triennale in Comunicazione e Didattica dell’arte e un biennio specialistico in Visual Cultures e pratiche curatoriali all’Accademia di Belle Arti di Brera. Collabora con riviste del settore e con progetti curatoriali indipendenti tra Lecce e Milano.
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