A Verona c’è bisogno di più arte contemporanea e da questa esigenza avvertita da collezionisti e appassionati è nato lo scorso ottobre Spazio Cordis, una nuova sede espositiva indipendente ubicata nell’ex ambulatorio del cardiologo e collezionista Alberto Geremia. Lo spazio, la cui direzione artistica è stata affidata a Jessica Bianchera, fa capo all’omonima associazione culturale, presieduta dallo stesso Geremia, di cui fanno parte anche la moglie Paola Parolin (medico e poetessa), il gallerista fiorentino Simone Frittelli e Andrea Mion. L’obiettivo del gruppo è proporre progetti monografici dedicati a giovani artisti con una ricerca coerente alle spalle, il cui lavoro meriti di essere sostenuto e valorizzato. Ogni mostra è accompagnata da un bollettino cartaceo che approfondisce il curriculum creativo dell’artista e prevede l’acquisizione di un’opera da parte dell’associazione. Per saperne di più abbiamo intervistato Alberto Geremia, l’anima di questo progetto.
Spazio Cordis nasce come naturale evoluzione della sua passione collezionistica. Ci vorrebbe raccontare i suoi esordi nel mondo dell’arte contemporanea?
Acquistai la prima opera nel 1977, mi ero appena laureato. Allora cercavo di trovare la mia strada nel cosiddetto “sistema dell’arte” frequentando il più possibile le gallerie. Mi bastava un biglietto del treno o l’auto di mia madre, quando riuscivo a farmela prestare. Penso che la mia “fortuna” sia stata di aver incontrato alcuni “personaggi” (poi diventati amici) del mondo dell’arte contemporanea veronese che mi hanno stimolato e guidato nei miei primi anni da giovane collezionista. Allo stesso tempo, cercavo di formare una mia coscienza critica, un mio gusto, una mia consapevolezza, leggendo tutto quello che mi capitava per le mani. Poi, le cose sono venute naturalmente, favorito sia dal mio lavoro e sia dal modo che avevo di acquistare le opere d’arte: acquisivo una sola opera alla volta e solo quando avevo finito di pagare la precedente. Questo metodo mi permetteva, inoltre, di essere il meno compulsivo possibile nel collezionare: non credo al “fuoco sacro” che spinge il collezionista all’acquisto, credo nell’acquisizione ponderata attentamente.
Collezionare è un atto d’amore, una ricerca di affinità elettive tra l’appassionato e l’opera che entrerà a far parte della sua collezione, ma implica a volte anche importanti investimenti economici. Che suggerimento darebbe a un neofita che volesse intraprendere questa strada?
Si, collezionare è un atto di amore, e di fronte all’amore talora si debbono fare alcuni sacrifici, ma ripeto, l’acquisire l’opera a rate ti permette di arrivare a collezionare opere che a prima vista ti appaiono lontane dalla tua portata. Poi, se segui il principio dell’affinità elettiva, questo ti permette di avvicinarti a un artista prima che abbia raggiunto quotazione importanti. Inoltre, ritengo fondamentale seguire e supportare galleristi giovani per i quali è importante, anzi vitale, avere rapporti con collezionisti che garantiscano un introito mensile sicuro. Non ultimo, si deve fare il possibile per conoscere gli artisti che si intende collezionare, questo ti permette di capire quanto potrebbe essere presente di te nella sua opera.
Sinora Spazio Cordis ha realizzato due personali, quella di Andrea Francolino, che ha ufficialmente inaugurato la sede espositiva, e quella di Marco La Rosa, entrambi giovani artisti più volte premiati in concorsi ed esposti in musei e gallerie private. Queste scelte sembrano evidenziare una notevole sensibilità nell’individuare poetiche significative ed esteticamente valide, ma anche un’attenzione “da esperti” a quello che accade nel cosiddetto sistema dell’arte. Potrebbero essere queste le principali linee guida delle prossime mostre?
Si, la caratteristica di “Spazio Cordis” è proprio quella di rifarsi a giovani artisti che stanno lavorando seriamente e che, pur avendo ottimi riscontri in ambito internazionale, sono una novità per il panorama veronese. Le nostre scelte – ricordo che nel gruppo oltre a Jessica Bianchera, c’è l’amico fraterno Simone Frittelli, che tutti gli addetti ai lavori conoscono – si basano su questo. Per capirci usando una similitudine del mondo in cui lavoro, quando un giovane, dopo anni di studio si laurea in medicina è chiaramente abilitato a lavorare come medico ma vive un momento di difficoltà: ad esempio vorrebbe entrare i Specialità ma i posti sono limitati, vorrebbe andare all’estero per perfezionare la sua professione, ma la disponibilità economica è limitata. Ora Spazio Cordis funziona – usando un termine biochimico – da “catalizzatore”: promuove e sostiene il lavoro dei giovani, dando loro occasioni ulteriori per mettersi in gioco con un progetto monografico.
Che tipo di collaborazione si instaura con le gallerie che rappresentano gli artisti protagonisti delle mostre?
Una collaborazione per il “bene” dell’artista stesso. Il nostro è uno spazio no profit, non intendiamo “fare concorrenza” alle gallerie, viceversa auspichiamo una collaborazione proficua che vada prima di tutto a beneficio degli artisti. Il nostro impegno nell’acquisire sempre un’opera per ogni progetto lo dimostra, così come l’edizione dei Bollettini di Spazio Cordis, che curiamo, editiamo e finanziamo noi stessi. Qualsiasi tipo di ingresso che possa derivare dalle nostre mostre viene reinvestito per progetti successivi, come è implicito nella natura di uno spazio no profit. Così intendiamo innescare un circolo virtuoso che ci permetta di crescere e di sostenere il maggior numero di artisti dentro e fuori le mura di Spazio Cordis.
Come è stato accolto Spazio Cordis dal pubblico veronese?
Siamo alla terza personale, penso che ci vorrà un po’ di tempo per diventare a tutti gli effetti “un punto di riferimento”, tuttavia stiamo assistendo a un progressivo aumento di interesse. Sarà nostro compito far sì che Spazio Cordis arrivi ad avere una visibilità importante. Tra le nuove iniziative tese ad aprire un dialogo con la città ci sono, per esempio, le Ectopie: di nuovo un termine mutuato dalla cardiologia (e che indica quei battiti anticipati che derivano da uno stato di forte eccitazione) per indicare progetti che Spazio Cordis organizza, promuove e sostiene al di fuori delle mura del nostro ambulatorio. Il 15 aprile, per esempio, saremo alla Chiesa dei Santi Apostoli, a Verona, con l’opera L’argomento del terzo uomo di Marco La Rosa che verrà installata nella navata centrale per 15 giorni, proprio durante il periodo Pasquale. Questo progetto, che ragiona sull’Ultima Cena leonardiana proprio nell’anno del 500° anniversario della sua morte, mi sta particolarmente a cuore anche perché apre il dialogo su un tema interessante e dibattuto: quello del rapporto tra l’arte contemporanea e il sacro. È un tema che seguo fin da quando, in chiusura del Concilio Vaticano II, l’8 dicembre del 1965, Paolo IV ha auspicato al rinsaldamento del legame tra gli artisti e la sacralità. E d’altronde l’idea di fondare Spazio Cordis era nata proprio da due progetti in spazi sacri veronesi: uno alla Chiesa di San Fermo, dove con Simone Frittelli abbiamo allestito una mostra dedicata a I volti umani di Cristo di Pino Pascali, l’altra alla Chiesa di Santa Eufemia dove abbiamo esposto Camminate come figli della luce di Paolo Masi.
Ci potrebbe dare qualche anticipazione sui futuri appuntamenti espositivi?
Oltre al già citato progetto di Marco La Rosa alla Chiesa dei Santi Apostoli, il 13 aprile inauguriamo a Spazio Cordis Empty room, mostra personale di Michal Martychowiec, giovane artista di origini polacche che fa base a Berlino e opera in ambito internazionale. Il suo lavoro mi ha letteralmente affascinato e mi sono già innamorato di un’opera: What remains the poets provide, una stampa chromogenica di 130 x 100 cm, in cui in uno sfondo nero come la pece emerge una mano bianca, quasi “angelica”, nell’atto di offrire una manciata di cristalli. Per quanto riguarda la programmazione futura, vi possiamo poi anticipare che tra gli artisti protagonisti delle prossime mostre ci saranno sicuramente Diego Tonus e Giulio Squillacciotti.
Marco La Rosa, Beneath Between Beyond, installation view at Spazio Cordis, ph credits: Marco Toté
Marco La Rosa, Beneath Between Beyond, installation view at Spazio Cordis, ph credits: Marco Toté
Marco La Rosa, Beneath Between Beyond, installation view at Spazio Cordis, ph credits: Marco Toté
Marco La Rosa, Beneath Between Beyond, installation view at Spazio Cordis, ph credits: Marco Toté
Michal Martychowiec, All is history, 2012
Laureata in storia dell’arte al DAMS di Bologna, città dove ha continuato a vivere e lavorare, si specializza a Siena con Enrico Crispolti. Curiosa e attenta al divenire della contemporaneità, crede nel potere dell’arte di rendere più interessante la vita e ama esplorarne le ultime tendenze attraverso il dialogo con artisti, curatori e galleristi. Considera la scrittura una forma di ragionamento e analisi che ricostruisce il collegamento tra il percorso creativo dell’artista e il contesto che lo circonda.
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