Stefano Arienti (Asola, 1961) è un artista che spesso si è contraddistinto per un confronto diretto con l’iconografia, per i modi attraverso cui la storia dell’arte recupera il passato e ce lo restituisce nelle forme del nostro tempo. È questo il caso di Fiori, la mostra che ha inaugurato lo scorso 25 marzo presso i Chiostri di Sant’Eustorgio a Milano, a cura di Angela Vettese. Se da un lato appare esplicito il riferimento a un tema iconografico antico come quello della natura morta e, in senso più radicale, della morte stessa, dall’altro la delicatezza degli interventi sembra un’esortazione silenziosa alla vita e alla sua meraviglia. E il riverberare di quest’invito si propone lungo tutto il percorso espositivo, a partire dal Cimitero Paleocristiano – l’inizio della mostra – , dove Arienti ha rivestito quasi interamente le pareti di fiori dipinti a tempere su carta. Qui la reiterazione dell’immagine richiama l’interesse dell’artista per i processi di copia e di reinterpretazione continua, costanti della sua poetica, e contemporaneamente dimostra che un gesto – quello di riprodurre lo stesso fiore decine di volte – è un segno che va al di là dell’opera stessa e che trova nella sua esecuzione il suo vero significato.
Si prosegue nella Basilica di Sant’Eustorgio e nei suoi annessi, in un percorso che ricorda quello a stazioni della Via Crucis. Lungo la navata destra della Basilica e negli spazi della Sala Capitolare e della Sagrestia si trova la maggior parte degli interventi, mantenuti discreti per evitare il disturbo alla funzione religiosa: fotografie di fiori stampate su puzzle e montate su pannelli, tappeti di lana e ciniglia, teli di plastica da ponteggio usati come grandi tele su cui disegnare. Quello che colpisce è l’utilizzo reiterato del colore oro, in particolare quando usato come sfondo: un oro privato di ogni valore teologico, non più simbolo della divinità, ma presenza materiale di uno spazio indefinito, che spinge chi guarda a soffermarsi, ad assentarsi temporaneamente da sé e da quella dimensione di finta familiarità che inganna l’esperienza del vedere. A ben guardare, infatti, l’oro fa da sfondo non a delle icone, come ci si aspetterebbe, ma a delle stampe dei Girasoli di Van Gogh, in un’immagine che potrebbe essere considerata non solo come un racconto visionario, in cui eterno ed effimero si incrociano, ma anche come la ricapitolazione di due modelli temporali differenti: quello sacro, in cui il passato vive nel presente per farsi luogo di rivelazione e salvezza, e quello profano, in cui il passato irrompe nel presente fino a modificarlo, e lo apre all’ingresso improvviso e imprevedibile della novità.
La terza e ultima parte della mostra ha luogo al primo piano del Museo Diocesano Carlo Maria Martini. Qui Arienti ha realizzato su teli da ponteggio di colore scuro dei disegni tratti dal Compianto al Cristo Morto di Altobello Melone (Cremona, 1490), un dipinto generalmente non visibile al pubblico ma ora, e fino al termine della mostra, esposto vicino ai teli, in chiaro segno di continuità e dialogo tra le opere dei due artisti. Ciò che ne deriva assomiglia al disegno preparatorio per un affresco, una serie di schizzi che però proiettano tutto il loro potenziale di mistero su un’opera compiuta invece che da compiersi. Di nuovo torna l’oro, e l’idea che nel suo utilizzo non sia in gioco solo il concetto di icona e del fermarsi del tempo, ma anche una delle grandi preoccupazioni della pittura classica, e cioè la possibilità di catturare la luce e di farla brillare. Quel far luce che coincide con la creazione di un nuovo mondo: “fiat lux et lux fatta est” (“sia fatta la luce, e la luce fu fatta”, Genesi I, 3).
Questo non significa che le opere di Arienti in mostra ai Chiostri di Sant’Eustorgio diano luogo a una trascendenza, o mettano in comunicazione diretta con la creazione di un mondo, ma semplicemente che esse rivelino come anche dietro a un gesto laico d’artista possa celarsi un simile scopo.
Anna Elena Paraboschi
Info:
Stefano Arienti. Fiori
a cura di Angela Vettese
26 marzo – 5 maggio 2019
Chiostri di Sant’Eustorgio
Piazza Sant’Eustorgio 3 Milano
Stefano Arienti, Casalmaggiore, 2018-2019, puzzle su stampa su carta montato su pannello
Stefano Arienti, Via Mecenate, 2018-2019, tappeto in microciniglia
Stefano Arienti, Girasoli oro (da Van Gogh), 2018-2019, foglia d’oro su manifesto montato su pannello
Laureata in Arti Visive all’Università IUAV di Venezia, ha frequentato gli atelier di disegno e fotografia alle Beaux Arts di Parigi. Attualmente risiede a Milano, dove studia pittura ed è iscritta al Master di Management degli Eventi Espositivi di 24Ore Business School in collaborazione con la Pinacoteca di Brera.
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