Se da una parte le società più industrializzate sono caratterizzate da un predominante individualismo filtrato dal pronome personale più usato, in ambito tecnologico, con i vari “Iphone”, “Ipad”, “Itunes”, “Icloud”, dall’altra parte spicca, in modo sorprendente, il numero degli artisti visionari dell’arte digitale e dei vari supporti tecnologici – seguiti anche da specifici programmi – che rendono possibile la realizzazione di metafore oniriche e di simboli universali di un contemporaneo inconscio collettivo. Ciò che emerge è un processo di digitalizzazione dell’arte: da una parte la creazione di visioni da parte di visual artists e digital artists, dall’altra la realizzazione di siti web con navigazione di spazi in 3d per una fruizione dell’arte immediata e sorprendente dallo schermo del proprio pc o smartphone come Kunstmatrix e Artland: piattaforme caratterizzate dalla promozione e dalla vendita di opere d’arte contemporanea.
Appare chiaro quanto sia questa dimensione in 3d sia le visualizzazioni di opere ad alta definizione si siano sviluppate negli ultimi anni e siano stati utilizzate dagli appassionati d’arte – e non solo – in seguito alle restrizioni del lockdown globale causato dalla pandemia a partire dallo scorso marzo. Testimonianze emblematiche sono quelle di vari musei nel mondo, come la Galleria degli Uffizi, i Musei Vaticani, il MoMa, il Museo del Prado, L’Hermitage, che hanno concesso la possibilità agli utenti del web di visionare molte opere con un percorso virtuale. Ciò che più va monitorato come fenomeno contemporaneo non è solo la constatazione di come questi spazi non siano alternativi al reale ma semmai continuativi: quasi delle proiezioni dello spazio reale. Inoltre, la constatazione di essere davanti alla formazione di un primo grande flusso di visioni e immagini digitali, ci fa ipotizzare di essere davanti alla più significativa trasformazione artistica e immaginifica di questo millennio.
Nell’arte digitale si constatano delle precise tendenze nell’uso di simboli e visioni, oltre a un numero crescente di artisti che attraverso programmi e tecnologie dedicate creano un nuovo fenomeno artistico da osservare e monitorare. Ma è sempre avvenuto così nella storia dell’arte fino a un certo punto. Come disse molti anni fa Achille Bonito Oliva, l’arte contemporanea oggi cambia «solo sé stessa, la propria storia e il proprio linguaggio» mentre un tempo proprio le avanguardie «vivevano la felice utopia di trasformare il mondo attraverso l’arte». Invece, adesso si sta assistendo a una trasformazione di una parte dell’arte – appunto l’arte digitale – che in questo caso non cambia solo sé stessa ma la sua stessa fruizione che comprende nel web la realizzazione di stanze digitali in 3d, la navigazione ad alta risoluzione e nella realtà la possibilità di vivere esperienze incredibili con tecnologie innovative.
Merita attenzione, a tal proposito, l’insieme delle modalità sceniche e sensoriali di spazi, adeguatamente attrezzati tecnologicamente, come il primo Museo dell’arte digitale di Tokyo, inaugurato a giugno del 2018, con esperienze spettacolari di totale immersione nell’immaginifico del digitale. Un esponente del gruppo Team Lab che ha realizzato questo museo, Takashi Kudo, ha dichiarato quanto abbiano creduto nella «possibilità di creare arte digitale con l’obiettivo di cambiare i valori delle persone e contribuire al progresso della società», ribadendo il forte interesse per il concetto di “digitale” nel rapporto con l’arte.
Inoltre, è interessante notare – per fare un esempio sui processi storici – come l’arte digitale condivida con l’immaginario dell’età barocca una percezione sentimentale assieme a una dimensione realistica e popolare. Ma qui, chiaramente, non c’è alcuna propaganda religiosa – come avveniva nel Seicento – quanto la consapevolezza di veicolare, trasformare e interpretare le icone del reale in atmosfere surrealistiche, oniriche, magiche, ampollose e, a tratti, esagerate.
In questa direzione, troviamo una realtà tutta italiana: MEET ovvero il centro internazionale per la cultura digitale che, con il supporto della Fondazione Cariplo, propone una casa per la cultura digitale, in una commistione continua tra le arti nella idea di interconnessione e partecipazione. Così un palazzo di inizio Novecento, a Milano, si sviluppa su tre piani con una particolarissima scala, Living Staircase, che diventa anche uno spazio di partecipazione e poi spiccano l’Immersive Room con 15 proiettori – che offrono immagini luminose in 4k per una proiezione continua a 270° – il Creative Studio per l’editing audio e video e la Gallery con le sue sale espositive caratterizzate da pareti mobili e riconfigurabili. Va anche detto che il focus propulsore della cultura digitale di Meet è connettere, legare e far interagire il pubblico e gli utenti con processi di innovazione digitalizzata e partecipata, promuovendo una cultura digitale globale. E questi sono fatti nuovi nel mondo dell’arte. Come tali vanno seguiti per camminare sulle orme della tecnologia dove passa gran parte della nostra contemporaneità e della storia dell’arte di questo secolo.
Nilla Zaira D’Urso
Link:
MORI Building Digital Art Museum, Tokyo. TeamLab Borderless, “Forest of Resonating Lamps”., Interactive Digital Installation, 2016
MORI Building Digital Art Museum, Tokyo. TeamLab Borderless, “Flowers Bloom in an Infinite Universe inside a Tea Cup”, Interactive Digital Installation, 2016
Meet Fondazione Cariplo, Milano. “Immersive Room”, 2020
MORI Building Digital Art Museum, Tokyo. TeamLab Borderless “Moving Creates Vortices and Vortices Create Movement”, 2017
Galleria degli Uffizi, Firenze. Tour virtuale della Sala delle Dinastie e della Sala del Cinquecento Veneziano
Attraverso l’arte sente l’esigenza di accostarsi sempre di più alla natura, decidendo di creare una residenza artistica sull’Etna come un “rifugio per l’arte contemporanea” per artisti e studiosi. Nasce così Nake residenza artistica. Vince il Premio Etna Responsabile 2015. Nel 2017, è invitata nella Sala Zuccari, Senato della Repubblica, come critico d’arte. Scrive per artisti italiani e stranieri. Curatrice del primo Museo d’Arte Contemporanea dell’Etna e del progetto “Etna Contemporanea”.
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