Ho conosciuto Nouf Alhimiary (*1992, Jeddah, KSA) in occasione di PARALLEL, il primo progetto espositivo in realtà aumentata promosso dal Ministero della Cultura dell’Arabia Saudita che ho curato nel 2022 e nel quale l’ho coinvolta insieme ad altri nove artisti internazionali. In questa intervista, mi ritrovo con Nouf – questa volta in Italia – a parlare di “Resting Place” (2023), l’opera inedita realizzata in AR durante la sua residenza estiva presso gli spazi di Villa Lena. Proseguendo la sua ricerca focalizzata sul rapporto tra tecnologia, spiritualità e ritualità collettiva, Nouf mi racconta il forte legame di quest’opera con il contesto della Villa e gli elementi principali su cui ha deciso di sviluppare il lavoro.
Federico Montagna: Approfondendo la storia di Villa Lena, mi ha colpito subito la particolarità di questa tenuta immersa nella natura che ha avuto il suo massimo splendore nel XIX secolo, ma che ha radici addirittura nel Medioevo. Immagino che vivere questo luogo ti abbia inevitabilmente trasmesso qualcosa. Su cosa si è concentrata la tua attenzione durante la residenza che ti ha portato poi a sviluppare l’opera “Resting Place”?
Nouf Alhimiary: La storia di Villa Lena mi ha affascinata fin da subito perché è sempre stato uno spazio di passaggio, ricco di storie, di vite e di connessioni, quelle delle persone che si sono fermate in questo luogo anche solo per una notte. Per questo motivo, la mia attenzione si è concentrata su un elemento che caratterizza fortemente il luogo della villa, quello del “letto”. Un soggetto che, tra l’altro, ho sempre trovato affascinante perché simbolo di un’intimità sicura e privata, di cui disponiamo tutti e che si colloca esattamente in quello spazio liminale tra realtà e sogno. Anche il poema che recito in sottofondo e che accompagna l’opera, è pensato proprio come una ninnananna per immergere lo spettatore in una dimensione surreale, tra conscio e subconscio.
“Resting Place” mi sembra, per assurdo, un lavoro AR site-specific. Nonostante l’Augmented Reality si adatti a qualsiasi contesto e spazio, infatti, gli elementi che hai sviluppato hanno la chiara volontà di parlare di una realtà ben precisa, quella di Villa Lena e, soprattutto, dell’esperienza umana legata a quel luogo specifico. Anche l’idea di scegliere il giardino della villa come spazio prediletto per la fruizione dell’opera ne è l’ennesima riprova.
È proprio così, ho concepito “Resting Place” pensando a un luogo ben preciso anche per la sua fruizione, quello del Giardino. Si tratta di uno spazio incontaminato e segreto sul retro della villa, che tra l’altro non era mai stato geolocalizzato prima, per cui ho dovuto digitalizzarne la presenza secondo un processo lungo che potesse permettermi di poterlo utilizzare come “area sicura” per il mio lavoro. Questo mi ha fatto ragionare molto non solo sulle caratteristiche di questo luogo, disconnesso da un punto di vista tecnologico ma ricco di connessioni create nel corso di numerosi anni e ancora palpabili all’interno degli spazi della villa, ma anche sull’aspetto etico di questi dispositivi: Chi decide che un’area è sicura e riconosciuta per la geolocalizzazione? In che modo un luogo deve adattarsi per essere “approvato” dalla tecnologia?
Hai voluto sviluppare l’opera in AR perché ti interessava rendere collettiva questa esperienza?
Penso che l’essere accessibili non sia sempre un fattore positivo e necessario, credo infatti che la propria esperienza privata e personale debba essere protetta. Per questo motivo, la scelta di utilizzare questo medium non è stata dettata tanto dalla volontà di rendere il più possibile accessibile l’opera, quanto più dallo svelare qualcosa di invisibile, di proiettarlo di fronte agli occhi del fruitore per permettergli di vivere un’esperienza in grado di abbattere ogni limite fisico e reale. Tutto ciò credo che riguardi non solo un coinvolgimento e un’interazione virtuale, ma anche e soprattutto spirituale.
Come nella mostra collettiva che ho curato in Arabia Saudita nel 2022, anche qui presenti un lavoro in AR in cui la parte relazionale è allo stesso tempo intrigante e disturbante, famigliare e misteriosa. “Perturbante” è forse il termine migliore per descriverlo. Qui, però, vi è una componente in più che ho trovato molto interessante: quella sonora. Mi racconti meglio questo aspetto all’interno dell’opera?
La voce registrata che si sente è la mia e ho lavorato con il music producer Bassi Fox per rendere il suono “non umano” e inquietante. Il testo del poema che recito si riferisce in maniera specifica allo spazio liminale che esiste tra la condizione di veglia e quella del sonno, come se fosse un portale tra due dimensioni impossibile da cogliere e descrivere proprio perché fuori dal nostro controllo: non decidiamo di addormentarci, succede e basta. Questo mi ha fatto pensare, ancora una volta, a come questa dimora fosse a tutti gli effetti un portale non solo fisico (era appunto un crocevia di passaggio) ma anche spirituale. Gli stessi artisti che negli anni hanno partecipato a questa residenza hanno lasciato un segno, una traccia in questo luogo attraverso le loro opere.
Villa Lena per te è stato quindi un “luogo di risposo” inteso come spazio di meditazione?
Per me ogni luogo può essere uno spazio di meditazione, inteso come momento di riflessione e quindi assolutamente sì, lo è stato. Soprattutto perché mi sono ritrovata inevitabilmente a pensare tanto a me stessa e a come poter sviluppare il mio lavoro. Credo però che l’idea di riposo, e anche nel testo del poema questo si percepisce chiaramente, sia legata anche a un momento in cui, come quando si è soli la notte nel proprio letto, tutti i tuoi pensieri, tutte le tue insicurezze e tutte le tue paure vengono a galla. Riposo inteso quindi come occasione di confronto con noi stessi.
Federico Montagna
Info:
Villa Lena
via comunale di Toiano 42, 56036 Palaia PI
VillaLena.org
is a contemporary art magazine since 1980
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