Sveva D’Antonio nasce a Napoli nel 1989, si laurea in storia dell’arte e conservazione del patrimonio artistico nel 2013 con una tesi dal titolo “Looking Godard”, incentrata sulla possibilità di esporre il cinema nei musei. Dopo aver svolto vari stage presso alcune gallerie di Napoli e Bruxelles, nel 2016 inizia a lavorare, prima come assistente e poi come socia, presso la galleria Laveronica di Modica, che propone un’arte socialmente e politicamente impegnata. Dal 2014 si dedica assieme al marito Francesco allo sviluppo e alla promozione della Collezione Taurisano, una raccolta privata di arte contemporanea con base a Napoli avviata negli anni Settanta dal suocero Paolo Taurisano.
Insieme a lei si è parlato di come abbia affrontato il periodo appena trascorso, del suo ruolo di collezionista, dei progetti futuri, dell’evoluzione e della storia della collezione Taurisano.
Valeria Fortuna: Come avete affrontato il lockdown e quali cambiamenti o novità sono scaturiti da questo periodo?
Sveva D’Antonio: Noi di solito cerchiamo almeno una volta all’anno di viaggiare per farci un’opinione sui giovani artisti che stanno cominciando a lavorare. In marzo avevamo molti studio visit programmati a New York, ma non ne abbiamo potuto fare praticamente nessuno. Siamo stati a New York tre, quattro giorni, dopodiché siamo stati costretti a tornare in Italia, perché avevamo paura di rimanere bloccati lì. Abbiamo però deciso di effettuare queste visite in maniera virtuale. Ma invece di farli con Skype o con Zoom, abbiamo pensato di condividerli con chi ci segue, con il nostro pubblico, e in generale con tutti gli appassionati di arte contemporanea. E così è nata la serie di “We Care”, il cui obiettivo è anzitutto dare supporto agli artisti offrendo loro, attraverso il nostro profilo Instagram, la possibilità di far vedere quali lavori stavano facendo in quel periodo e anche di esternare le loro difficoltà. Come collezionisti, pensiamo sia una grande responsabilità quella di supportare gli artisti, in maniera sempre più attiva e anche tutti gli altri attori del sistema, perché parliamo sempre di sistema dell’arte e non di entità isolate. Per cui abbiamo chiesto a curatori, direttori di musei e di fiere d’arte, collezionisti, direttori di fondazioni private cosa stessero facendo in questa condizione così particolare: tutti sono stati super partecipativi, hanno dato delle idee che secondo me sono state fondamentali, soprattutto per gli artisti. Devo dire che in questo periodo si è riscoperta l’importanza della centralità dell’artista senza corollari superflui e che questo ha scatenato la loro creatività. Anche per le fiere le viewing room sono state lo strumento non vorrei dire più semplice, perché molte di queste piattaforme funzionano grazie a tecnologie molto complesse, ma più immediato per veicolare una visione tridimensionale delle opere. Durante la pandemia abbiamo comunque sentito la mancanza del rapporto diretto con l’opera, perché noi collezioniamo per poi far stare le opere con noi e per intrattenere con esse un rapporto di quotidianità e di spazialità. E poi è mancato il rapporto con l’artista, la chiacchiera, la spiegazione, la mediazione, per cui noi abbiamo continuato a comprare solo artisti che già conoscevamo prima dell’isolamento. A mio avviso in questo trend generale, una fiera che ha fatto una cosa veramente alternativa è Art-O-Rama, a Marsiglia, che avviene ogni anno l’ultimo week end di agosto e che quest’anno doveva coincidere con Manifesta, da cui ci si aspettava veramente una grande partecipazione. Purtroppo la fiera, dove avevamo anche istituito il premio “Because of many suns”, non si è potuta fare e quindi abbiamo pensato di realizzare una serie di video capsules, in cui abbiamo intervistato diversi attori del sistema dell’arte. Oltre a me hanno partecipato la direttrice del premio Carolina Ciuti, il direttore della fiera Jèrome Pantalacci, il curatore Tiago de Abreu Pinto, la galleria LambdaLambdaLambda; fra un paio di giorni verrà pubblicato l’ultimo contenuto, del collettivo rumeno Apparatus22, inventore del nome del premio. Noi ci siamo reinventati per quanto riguarda il premio e loro hanno completamente reinventato l’idea della fruizione della fiera online, proponendo un salon immateriél, un salone espositivo online soltanto di lavori immateriali, come testi scritti o contributi audio. Tutti gli artisti, con le gallerie che avrebbero partecipato alla fiera, hanno predisposto dei contributi da caricare online, ogni galleria aveva il suo link.
Valeria Fortuna: Come ti sei rapportata a questo cambiamento digitale, dal punto di vista del tuo ruolo di collezionista? Sei d’accordo con la visione delle opere su piattaforme digitali online o credi sia più indicata una visione dal vivo delle opere?
Sveva D’Antonio: Io penso che l’opera debba sempre essere vista realmente. Sicuramente il digitale in futuro si integrerà in maniera definitiva nelle nostre vite e quindi anche nella pratica del collezionare. È un qualcosa che deve andare di pari passo, non può sostituire completamente la fruizione vera delle opere d’arte. La fruizione di ulteriori contenuti può essere uno strumento utile per arricchire la conoscenza di un artista o di un’opera, ma l’opera devi anche vederla dal vivo, devi ripristinare il rapporto con lo spazio che in questo ultimo periodo abbiamo perso.
Valeria Fortuna: È cambiato qualcosa negli altri progetti che state portando avanti?
Sveva D’Antonio: Because of many suns è molto importante per noi, per cui, come dicevo prima, a giorni ci sarà la pubblicazione dell’ultimo contributo, quello degli artisti del collettivo rumeno Apparatus22 che chiude un po’ per noi questa stagione “digitale”. In agosto 2021, ci sarà la premiazione effettiva alla fiera Art-O-Rama di Marsiglia: al di là dell’acquisizione dell’opera dell’artista, ci sarà la commissione di un testo, sulla pratica dell’artista scelto. Sarà qualcosa che durerà nel tempo, non avrà una data di scadenza ma accompagnerà l’artista, si spera, per tutta la sua carriera.
Valeria Fortuna: Quali sono le emozioni che riescono a coinvolgerti quando decidi di acquisire un’opera o di conoscere un nuovo artista?
Sveva D’Antonio: In generale, le opere che compri sono legate a degli stati emotivi della tua vita o da determinate condizioni personali. Quello che poi fa scattare la scintilla è un lavoro che ti lascia un punto interrogativo, che in qualche modo ti mette alla prova, che ti sfida, che comunica o ti dice qualcosa che non sai. Il ritrovare qualcosa di sconosciuto e diverso da te è un’esperienza affascinante, che ti spinge poi ad andare oltre e ad approfondire la conoscenza dell’artista. È in qualche modo il sopperire a delle mancanze che noi abbiamo, che sia di conoscenza, di emozioni, di sentimenti. Un’altra cosa che noi ricerchiamo sempre è la possibilità di sognare attraverso un’opera d’arte che ti fa riflettere su quello che stai vivendo ora facendoti immaginare qualcosa che sia migliore, che sia più bello, in maniera romantica. Le motivazioni che ci spingono a comprare sono la sfida e il desiderio di sognare.
Valeria Fortuna: Quali giovani artisti fanno parte della collezione e quali sono stati acquisiti durante il periodo del lockdown?
Sveva D’Antonio: Recentemente abbiamo acquisito Joy Labinjo, una giovane artista di cui abbiamo un bellissimo pezzo. Abbiamo acquistato Zoè Bluem una pittrice californiana molto giovane. C’è un giovane artista napoletano, Marco Pio Mucci, di cui abbiamo comprato cinque disegni da una galleria molto giovane, Luca Castiglioni di Milano. Abbiamo cercato di supportare molti artisti nell’ultimo periodo, anche cercando di coinvolgere e sensibilizzare altri collezionisti. Essere collezionista, come dicevo prima, è una grande responsabilità.
Valeria Fortuna: Mi racconteresti la storia e l’evoluzione della collezione?
Sveva D’Antonio: La collezione nasce con il padre di mio marito, Paolo Taurisano, inizialmente in relazione al territorio campano, per cui stiamo parlando degli artisti degli anni ‘70, la transavanguardia, il movimento nucleare, tutti artisti che all’epoca erano impegnati politicamente e socialmente. Il padre ha collezionato per tanti anni e poi si è fermato. Io e mio marito abbiamo preso il testimone dieci anni fa, iniziando a collezionare artisti che in qualche modo non hanno paura di perdere quest’aura di eternità, che l’artista vuole sempre avere. Artisti che in realtà parlano di cose molto concrete, argomenti della quotidianità anche abbastanza scomodi. Poi abbiamo spaziato su artisti, sempre della nostra generazione, quindi con cui potevamo avere un rapporto di tipo personale, di dialogo e di comunicazione. E poi abbiamo anche tanti artisti legati ad aspetti più materici e formali dell’arte, che affrontano diversi tipi di tematiche. Noi non facciamo distinzione per quanto riguarda il mezzo utilizzato, in collezione, abbiamo pittura, installazione, installazioni audio, disegni. Il mezzo deve essere uno strumento per comunicare un messaggio. Abbiamo anche una serie di video in collezione ai quali siamo molti affezionati, anche se il video è ancora un mezzo ostico per i collezionisti, a noi interessa quando non è una semplice documentazione di un evento o una rappresentazione didascalica. Questa è l’evoluzione della collezione, che rimane privata: abbiamo deciso di camminare sulle nostre gambe, quindi di non cercare fondi pubblici, di non trasformarci in una fondazione anche se il nostro spirito, la nostra volontà di essere pubblici in realtà già si estrinseca nelle nostre attività. Anche la nostra stessa casa è sempre aperta a curatori, giornalisti e artisti. Ora che siamo arrivati a 400 opere, pensiamo che il futuro della collezione sarà formare un trust per garantirne l’integrità anche dopo di noi perché non potremo mai sapere se i nostri figli o i nostri nipoti avranno la stessa passione o lo stesso commitment che abbiamo noi verso le opere che abitano la nostra casa.
Valeria Fortuna: Da dove nasce il tuo interesse per l’arte contemporanea?
Sveva D’Antonio: A Napoli siamo circondati dal bello e da un patrimonio artistico veramente incommensurabile, ed è normale che abbiamo iniziato confrontandoci con i dipinti del ‘600, con Ribera con Rubens, con il Barocco e Rococò. Poi ho intrapreso un percorso diverso. Son sempre stata curiosa dell’attualità, ma l’arte contemporanea è stata una scoperta degli anni dell’università, e sicuramente l’incontro con mio marito ha cementificato il tutto. Assieme abbiamo iniziato a visitare le gallerie: c’è una tradizione pazzesca di gallerie (come Lia Rumma o Alfonso Artiaco) che hanno portato l’arte contemporanea a Napoli con Andy Warhol e Joseph Beuys. Anche dietro al contemporaneo c’è una storia molto articolata che bisogna studiare.
Valeria Fortuna: C’è un artista o un’opera che ti ha particolarmente colpito nel corso dei tuoi studi, che ti ha stimolato a seguire questa strada?
Sveva D’Antonio: Un artista che un po’ ha segnato il mio passaggio, da cui ora ho preso le distanze, fu Marina Abramović. In particolare la performance “The artist is present“, dove erano completamente abbattuti i crismi dell’arte, non c’era più un confine tra artista e pubblico, l’artista presenziava e si concedeva completamente nella sua corporeità a chiunque. È un pugno in faccia, quindi per me è stata una performance molto violenta all’epoca. Dobbiamo sempre cercare di supportare le artiste donne! In quel momento le super star erano artisti uomini, ancora oggi, sta lentamente migliorando il numero di artiste donne esposte nei musei ma siamo sempre a percentuali ridicole, le donne non vengono mai valorizzate abbastanza. Citerei poi un’opera di Francis Alÿs, un video dove gli uomini dovrebbero spostare le montagne ma in realtà queste montagne sono di sabbia e loro continuano a scavare inutilmente. L’artista qui esprime l’impossibilità, l’impotenza dell’uomo rispetto alla natura, rispetto alle grandi cose che non decidiamo, ma anche la forza della comunità e della cooperazione. Probabilmente l’arte rappresenta uno strumento per combattere ciò che non possiamo controllare, un modo per avere accesso a delle informazioni o a una comunicazione alternativa, che spesso i media non ci danno.
Valeria Fortuna: Avete progetti futuri legati sia al digitale sia al ritorno nelle gallerie?
Sveva D’Antonio: Abbiamo un “sogno nel cassetto”: abbiamo tante opere, che per le dimensioni che hanno non possono essere installate in una casa. Nel 2021 vorremo avere la possibilità di esporre alcuni artisti in contesti museali o pubblici per poter aprire la collezione al pubblico. Le nostre priorità poi sono molteplici, perché cerchiamo sempre di aiutare gli artisti, nella produzione di nuove mostre e di nuovi lavori. Siamo sempre pronti a dare consigli, cerchiamo di essere attivi, non ci basta semplicemente il ruolo di compratore finale dell’artefatto, amiamo essere coinvolti nel processo di un lavoro.
Valeria Fortuna
Info:
Portrait of Sveva D’Antonio and Francesco Taurisano
Michael E. Smith, Untitled, 2018. Cell phone, laser, LSD
Casa Taurisano, 2020, installation view, ph. Maurizio Esposito
Casa Taurisano, 2020, installation view, ph. Maurizio Esposito
Joy Labinjo, Mum, Toni and I, 2019. Acrylic and watercolour paint on paper, cm 67.5 x 96.6
Mary Stephenson, A Fine Balance, 2018. Oil on canvas, cm 120 x 160
Dominique Fung, What’s Left Behind, 2020. Oil on canvas, cm 152.4 x 152.4
Norma Jeane, flight#8, 2000-2019. Printing on fine art cotton canvas, cm 140 x 137.84
Valeria Fortuna, studentessa in Storia dell’arte e dei beni culturali, si occupa di valorizzare l’arte e avvicinare i giovani ad essa attraverso consigli su mostre da vedere e curiosità sugli artisti. Ama l’arte contemporanea in tutti i suoi aspetti per le emozioni che riesce a trasmettere e per il linguaggio del quale si serve, in continua evoluzione.
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