Il MAC VAL di Val-de-Marne (dipartimento alle porte di Parigi, facente parte della regione dell’Île-de-France) è un museo che nel suo operare si dedica esclusivamente allo studio e alla promozione della scena artistica francese che si è sviluppata a partire dagli anni Cinquanta, curando mostre e gestendo un copioso archivio di documenti, cataloghi e opere; in totale ben 2.500 opere compongono la collezione, per un numero complessivo di circa 330 artisti. Tra queste, segnaliamo alcune che appartengono alla scena artistica internazionale, come quelle di Christian Boltanski, Gina Pane, Annette Messager, Pierre Huyghe.
Il progetto MAC VAL ha avuto il suo avvio nel 1982, a seguito della creazione del Fondo dipartimentale per l’arte contemporanea (FDAC). Poi, nel 1990, l’assemblea del Consiglio Generale di Val-de-Marne decise di collocare il futuro museo nel centro di Vitry-sur-Seine. Nel 1992 fu selezionato il responsabile del progetto: lo studio di architettura Jacques Ripault e Denise Duhart. Sulla base di questo progetto fu realizzato un edificio bianco e trasparente, aperto allo spazio urbano e a vasti spazi verdi. Il costo complessivo dell’operazione è stato di 30,5 milioni di euro.
In seguito, il progetto fu inserito nel contratto di programmazione Stato-Regione 2000-2006, ricevendo il sostegno del Ministero della Cultura e della Comunicazione / Direzione Regionale degli Affari Culturali dell’Île-de-France e del Consiglio Regionale dell’Île-de-France, ottenendo un ulteriore contribuito di 15 milioni di euro. I lavori di costruzione (iniziati nel febbraio 2003) sono stati completati nel maggio 2005, l’apertura al pubblico ebbe luogo il 17 novembre 2005.
L’edificio museale, situato su un terreno di 20mila mq, dispone di 13mila mq di cui ben 1.350 sono dedicati a mostre temporanee. Ma la particolarità di questo edificio è il giardino pubblico (più di 10mila mq) che lo circonda e nel quale si sviluppa un percorso di sculture appartenenti alla collezione del museo.
A cadenza annuale lo staff del museo organizza due mostre temporanee o di tipo monografico o di stampo collettivo o costruite come estensione della collezione, mettendo spesso in rapporto le poetiche e i gemi culturali degli anni Cinquanta con gli sviluppi artistici più attuali.
Le mostre in corso d’opera sono: “Le vent se lève” (chiusura prevista per il 17 ott 2021, curatrice Alexia Fabre), e la personale dedicata a quasi venticinque anni di lavoro di Taysir Batniji. Ci soffermiamo su quest’ultima.
Nato a Gaza nel 1966, Taysir Batniji ha studiato arte all’Università Al-Najah di Nablus, in Palestina. Nel 1994 gli è stata assegnata una borsa di studio per studiare alla Scuola di Belle Arti di Bourges in Francia. Da allora divide il suo tempo tra la Francia e la Palestina. Durante questo periodo trascorso tra due paesi e due culture, Batniji ha sviluppato una pratica multimediale, nella quale intreccia disegno, installazione, fotografia, video e performance… Le sue opere, spesso tinte di impermanenza e fragilità, traggono ispirazione non solo dalla sua storia soggettiva, ma anche dall’attualità e dalla storia dell’arte, concentrandosi su una traccia, sul ricordo di una forma, un gesto, un intreccio, sull’assenza di una persona cara, sulla privazione della terra, sulla scomparsa di un’immagine… I suoi metodi di approccio allontanano, deviano, allungano, concettualizzano o semplicemente giocano con il soggetto iniziale, offrendo, alla fine, un punto di vista poetico, a volte acre sulla realtà, legando opera a opera, segno a segno. Se volessimo ritornare con la memoria a John Aubrey, potremmo mettere in bocca all’autore queste parole: “Voglio puntare il dito su cose su cui abitualmente si fa calare l’oblio, facendo camminare o apparire coloro che per centinaia di anni potrebbero venire dimenticati, sì da ricondurre davanti ai nostri occhi i luoghi, i costumi, le storie di un passato che va riportato al presente o di un’attualità che va intrecciata con ciò che la lega al passato”.
Già coinvolto nella scena artistica palestinese degli anni Novanta, Batniji ha moltiplicato la sua partecipazione, a partire dal 2002, a numerose mostre, biennali e residenze in Europa e nel mondo. Le sue opere si trovano nelle collezioni di molte prestigiose istituzioni tra cui il Centre Pompidou e il FNAC in Francia, il V&A e l’Imperial War Museum di Londra, la Queensland Art Gallery in Australia e lo Zayed National Museum di Abu Dhabi. Il lavoro di Taysir Batniji è rappresentato dalla Galleria Sfeir-Semler (Amburgo/Beirut) e dalla Galleria Eric Dupont (Parigi).
La mostra riunisce dipinti, disegni, fotografie, video, installazioni, performance (dal 1997 al 2021) in un vasto autoritratto e in una sequenza di correlazioni, offrendo una riflessione intorno all’identità. Parafrasando Georges Perec, il titolo della mostra (“Quelques bribes arrachées au vide qui se creuse”) ci conduce in uno spazio malinconico dove lo sradicamento e lo spostamento sono le forze trainanti. I curatori sono Julien Blanpied e Frank Lamy, e la mostra è stata realizzata con il supporto di BIC, Après Midi Lab e Atelier Populaire.
Bruno Sain
Info:
Taysir Batniji. Quelques bribes arrachées au vide qui se creuse
6/06/2021 – 9/01/2022
MAC VAL
Musée d’art contemporain du Val-de-Marne
Place de la Libération 94400 Vitry-sur-Seine
tel 01 43 91 64 20
contact@macval.fr
www.macval.fr
Taysir Batniji, Absence, 1998. Ruban adhésif kraft, pierre, 263,4 x 125 cm. Photographie © Taysir Batniji. Courtesy de l’artiste et des galeries Sfeir-Semler (Hambourg/Beyrouth) et Éric Dupont (Paris)
Taysir Batniji, Sans titre, 1998. Valise, sable, dimensions variables. Photographie © Taysir Batniji. Courtesy de l’artiste et des galeries Sfeir-Semler (Hambourg/Beyrouth) et Éric Dupont (Paris)
Taysir Batniji, À géographie variable, 2012. Gravure laser, 42 cure-dents, 6,5 x 9 cm, cadre 19 x 22 cm. Photographie © Taysir Batniji. Courtesy de l’artiste
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