Ten not Wasted works of art

Il rapporto-uomo-donna-natura, filtrato attraverso dieci incisivi punti di vista di altrettante artiste, trova posto negli spazi emblematici del bunker antiaereo sotto la collina del Castello di Udine. Wasted è una mostra complessa, a tratti difficile da visitare, allestita in un ambiente problematico per quanto indubbiamente interessante e particolare. L’arte contemporanea portata in mostra da artiste provenienti da tutto il mondo e con diverse tecniche di produzione dona alle sale ipogee dell’ex rifugio antiaereo un aspetto intimo, che invita alla riflessione e alla denuncia di quel modello patriarcale che, come le ultime tendenze ci hanno insegnato, perfino le stesse donne hanno interiorizzato e perpetrato.

Preview della mostra, massmedia.it

La curatrice Chiara Isadora Artico, attraverso il lavoro di promozione culturale operato dall’associazione IoDeposito, ha ideato un percorso idealmente diviso in tappe per temi, e caratterizzato da una serie di eventi collaterali che arricchiscono e completano le suggestioni innescate dalle opere delle artiste esposte. Troviamo presentazioni letterarie, live performance e workshop che pongono in dialogo i cittadini con l’arte contemporanea, grazie al prezioso sostegno di librerie, locali storici e il museo d’arte moderna e contemporanea Casa Cavazzini.

Zosia Zoltkowski, Wasted, durational performance, 1 ora circa, ph. Antonella Fuentes

Le volte oscure e umide del bunker accolgono il visitatore con luci mirate, senza pretendere di nascondere le imperfezioni ambientali – umidità, muffa, graffiti, freddo e pozze d’acqua che avvolgono le installazioni – creando una rete di scambio con i messaggi lanciati a gran voce dalle opere stesse. Il rapporto con la natura non viene, in tal modo, negato come accade negli ambienti museali canonici, bensì lasciato libero di influenzare la visione e di porre gli spettatori in una situazione apparentemente scomoda, che sembra richiamare quella vissuta dalle donne a causa della disparità di genere che continua a infettare le loro vite. Temi che potrebbero apparire come già ampiamente portati alla luce, arrivando in alcuni casi a semplificazioni smaccate e retoriche, vengono invece presentate con estrema trasparenza e semplicità: giudizi, stereotipi, visioni e percezioni che ricadono sul genere femminile da parte non solo di quello maschile ma, spesso, anche dalle altre donne, che condannano e feriscono in maniera talmente subdola da colpevolizzare coloro che si ribellano e fanno emergere una problematica che indubbiamente ancora non è stata sanata.

Beatrice Achille, Mnestica, opera sonora, 2021, ph. Antonella Fuentes

Due installazioni aprono il percorso in maniera delicata, lasciando percepire ciò di cui si parlerà, per mezzo di due oggetti. La prima che si incontra, Mnestica (2021), è un’opera sonora di Beatrice Achilli che rimanda alla tradizione della trasmissione orale delle memorie collettive e delle conoscenze popolari. Come quando si appoggia all’orecchio una conchiglia sembra di sentire il suono delle onde marine, così le donne hanno sussurrato le loro conquiste e il loro sapere ad altre persone, agendo di nascosto seppur tramandandole efficacemente fino a noi.

Zosia Zoltkowski, Time Oxidation, video e installazione materica, 2022-23, ph. Antonella Fuentes

Non manca la tecnica delle performance, tra cui spicca Time Oxidation (2022-23) di Zosia Zoltkowski, di cui si possono osservare l’eloquente ripresa in video e l’oggetto co-protagonista dell’artista sulla scena. Una lastra metallica diventa, per Zoltkowski, lo spazio in cui attuare la sua pratica di embodiment: sulla sua superficie traccia una serie di linee per mezzo del proprio corpo nudo. L’artista entra in contatto con la materia, la esplora, la conosce e ne viene impregnata, scoprendo e sintonizzandosi con la natura dell’oggetto, instaurando un rapporto tra essa e l’installazione.

Holly Timpener, Frans Snyders Re-make, fotografia retroilluminata, 2017-2023, ph. Antonella Fuentes

Esporre e osservare un corpo inanimato nel Seicento e nella contemporaneità: questo l’obiettivo della macabra natura morta di Holly Timpener, che presenta uno still life, frutto di una sua performance, dal titolo Frans Snyders Re-make (2017-2023). La dinamica innescata non dal corpo morto, bensì da coloro che lo guardano e lo giudicano – sia esso umano o animale – traccia un parallelismo tra la rappresentazione che propone il pittore fiammingo Frans Snyders Still life with game suspended on Hook (1640 circa) attraverso la raffigurazione di alcuni animali da caccia smembrati e allestiti scenograficamente su un tavolo, e l’asettico palcoscenico di un nudo femminile integrale presentato da Timpener. Gli oggetti che circondano il corpo dell’artista assumono significati simbolici che, una volta superata la figura femminile che converge l’attenzione di chi osserva, rimandano all’universo decorativo e contemporaneamente oppressivo femminile come collant, perle, flaconi di detersivo.

Martha Rosler, Vital Statistic of a Citizen, Simply Obtained, video 39′ 20”, colore, suono, 1977, ph. Antonella Fuentes

Il percorso termina con due video che provengono da archi temporali differenti, eppure facilmente paragonabili tra loro. Tutte quelle sottili disparità a cui le donne sono quotidianamente sottoposte in molteplici situazioni vengono indagate tanto da Martha Rosler in Vital Statistic of a Citizen, Simply Obtained (1977) quanto da Sarah Maple in Freedom of Speech (2013). Il primo, un video di denuncia sulla standardizzazione che il controllo maschile vuole imporre sul corpo femminile, ricrea una ipotetica visita medica in cui ogni singolo componente fisico dell’artista viene misurato e analizzato con lentezza esasperante, visibile attraverso una eloquente televisione a tubo catodico dipinta di rosa shocking. Un vero e proprio elemento disturbante il secondo, che tende a catalizzare l’attenzione su di sé durante tutta la visita per la prorompenza con cui degli schiaffi improvvisi arrivano sul volto di Maple, mentre la telecamera la riprende durante un discorso dei diritti delle artiste donne.

Sarah Maple, Freedom of Speech, video 5′ 15”, colore, suono, 2013, ph. Antonella Fuentes

Una mostra impegnativa, che unisce un ambiente fuori dagli schemi alle opere di artiste che vogliono indurre gli spettatori a riflettere e condividere la loro denuncia. Un obiettivo che, tutto sommato, l’arte si è spesso posta durante i secoli. La serie di eventi collaterali proposti da IoDeposito non fanno che completare il messaggio delle opere che si possono osservare all’interno del bunker, portando artiste internazionali in una regione che sempre più si sta interessando all’arte contemporanea.

Marina Zorz

Info:
AA.VV.,Wasted
A cura di Chiara Isadora Artico
7/10 – 3/11/2023
IoDeposito
Bunker antiaereo di Piazza I Maggio
Udine


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