Nonostante la concorrenza della contemporanea fiera di Freeze Seul, a New York si è tenuta con successo la fiera The Armory Show: 225 gallerie internazionali da più di 35 paesi, con opere di oltre 800 artisti, e con una consistente presenza di gallerie italiane. Interessante la sezione Platform, curata da Eva Respini, che attraversava trasversalmente tutto lo spazio espositivo con una serie di grandi opere. Degna di nota ci è apparsa la sezione Focus, curata da Candice Hopkins, in cui gli artisti hanno utilizzato materiali particolari, protocolli di coinvolgimento che vanno oltre la semplice visione: alcune opere producevano suono e si attivavano attraverso la performance, mentre altre si basavano sui ritmi del corpo, altre ancora incorporavano jingle e inni. Infine le sezioni Presences, Solo, (con gallerie con non più di dieci anni di vita), Galleries.
Venendo alle gallerie italiane, appena entrati, sul lato di sinistra, Apalazzogallery presentava tre opere di Sonia Boyce. L’artista è nata a Londra, Regno Unito, nel 1962, e il suo lavoro è incentrato sui problemi di razza, genere e intimità e le complesse relazioni tra etnia e differenza. È figura di spicco del British Black Movement, ora anche nel gruppo di Hauser & Wirth; peraltro nel 2022, alla 59. Biennale di Venezia, la sua opera Feeling Her Way è stata premiata con il Leone d’Oro. Uno dei suoi soggetti sono i capelli da intendersi come significante, e in particolare i capelli dalla trama afro, che le permettono di esplorare il senso di alterità, spesso associato al corpo di discendenza africana. Le tre opere esposte abbracciano venticinque anni di attività. La nuova carta da parati Braided wallpaper, 2023, è stata creata per formare un dialogo tra le altre due opere Exquisite Tension, 2005 e The Audition in Colour, 1997/2020, con settantacinque stampe fotografiche tratte dall’archivio Fuji Crystal e montate su alluminio. Il progetto possiamo definirlo “aperto” perché parte con un invito aperto ai partecipanti a provare una parrucca afro per poi essere fotografati con e senza parrucca.
Francesca Minini (Milano) era al The Armory Show 2023 in uno stand condiviso con la Galleria Massimo Minini e ha esposto bellissimi lavori di Carla Accardi, come Assonanza verosimile del 2011. Poi abbiamo trovato opere di Ivana Basic, Sol Calero, Sheila Hicks, Landon Metz, Alice Ronchi, Francesco Simeti. Vistamare (Milano/Pescara) ha portato grossi nomi come Charles Avery, Rosa Barba (con Libertà 2020), Claudia Comte (con Gira e scivola 110, 2022) e opere di Anna Franceschini, Mimmo Jodice, Camille Henrot, Maria Loboda, Goshka Macuga, Eileen Quinlan, Ettore Spalletti, Haim Steinbach. P420 (Bologna) ha presentato il lavoro dei suoi artisti Helene Appel, Irma Blank, Scritti radicali, poesia per Marina Cvetaeva del 1994, Adelaide Cioni, Pezzo di cielo del 2021, Mairead O’hEocha, Francis Offman, Stephen Rosenthal, Pieter Vermeersch e Shafei Xia con Avidità del 2023. Nella sezione Solo la Galleria Alberta Pane, allo stand S16, ha esibito una vetrina unica di opere d’arte di Marcos Lutyens. Una serie di dipinti, disegni, ceramiche e a pavimento un cerchio di ceramiche spezzate, fruibili in realtà aumentata, che invitava i visitatori a rivivere il mondo in modo intensificato.
Luce Gallery di Torino ha proposto Dominic Chambers, Yowshien Kuo, Collins Obijiaku, Zéh Palito e Ludovic Nkoth, artista che esporrà a Parigi in ottobre e di cui scriviamo su Juliet nel numero di ottobre 2023 e a cui il numero in uscita dedicherà anche la copertina. Lorcan O’Neill di Roma esponeva Tracey Emin, Giorgio Griffa, Matvey, Levenstein, Kiki Smith, Rachel Whiteread. La Galleria Secci ha presentato delle bellissime e impegnative sculture di Giò Pomodoro. Poggiali è andato sul sicuro con Claudio Parmiggiani ed Erwin Wurm. La Galleria Victoria Miro (con sedi a Londra e Venezia) ha esposto la pittrice newyorkese María Berrío riuscendo a vendere in mattinata tutte le nuove opere con prezzi tra 65mila e 200mila dollari. Tra i vicini di casa, la Galleria Repetto di Lugano, Londra, ha portato delle belle opere di Salvo, Carla Accardi, Alighiero Boetti, Luigi Boille, Piero Dorazio, Lucio Fontana, Fausto Melotti, Alessandro Piangiamore, Michelangelo Pistoletto, Mimmo Rotella, Arcangelo Sassolino, Mario Schifano. Tra le altre gallerie segnaliamo la Galleria Nature morte di New Delhi che presentava dei magnifici lavori in tessuto di Ayesha Singh e Sagarica Sundaram (Iris 2023): installazioni scultoree sulle gerarchie di potere socio-politico insite nell’architettura attraverso la ricerca sulla sua città natale. Ancora tessuti li abbiamo trovati in opere come Lady Zercin 2019, This Pebble 2022, di Sermin Kardestuncer da Pierogi Gallery di New York (fotografia a colori, tessuto di cotone, filo, matita bianca, legno).
La Bockley Gallery ha proposto Eric-Paul Riege, un membro della Charcoal Streaked Division di Tachii’nii, con opere in fibra sospese, che creano ombre danzanti, morbide sculture di mussola, tessuti misti, imbottitura in poliestere, pelliccia sintetica e capelli sintetici e veri nonché lana e filati di pecora e coni di metallo (vedi jaatłoh4Ye’iitsoh). Da CLEARING (New York, Bruxelles, Los Angeles) abbiamo trovato un lavoro molto curioso di Sara Flores, autrice appartenente alla nazione Shipibo-Conibo, un popolo indigeno che vive lungo il fiume Ucayali nell’Amazzonia peruviana: nella realizzazione di questo lavoro ha utilizzato i pigmenti della flora autoctona peruviana per creare motivi disegnati a mano su tessuti di cotone. La Galleria Whatiftheworld di Capetown ha presentato Dan Halter (nato nello Zimbabwe nel 1977 e attualmente residente in in Sud Africa), che con metodi artigianali e con materiali di uso quotidiano intreccia testi stampati a getto d’inchiostro d’archivio tessuti a mano. La Galleria Smac, sempre di Capetown, ha portato le straordinarie maschere di Mary Sibande (scultura, tessile, fotografia) che rinviano al concetto del potere sul corpo femminile nero nel Sudafrica post-apartheid. Partendo dal lavoro domestico della sua famiglia e dal suo alter ego scultoreo, veste abiti vivaci come uniformi delle lavoratrici domestiche o abiti vittoriani, giocando sul contrasto tra povero e ricco.
La Galleria KO di Lagos, unica dell’Africa nera, specializzata nel sostenere artisti nigeriani ha presentato Modupeola Fadugba con Buon Go Round in oro del 2022. La Galleria FAZAKAS, di Vancouver, fondata nel 2012 per creare uno spazio espositivo per la promozione dell’arte indigena contemporanea, ha esposto le maschere di Beau Dick (Donna lontra, 2012), su cui la direttrice della galleria, LaTiesha Fazakas, ha diretto un film documentario.
Da Robert Project di Los Angeles abbiamo trovato la bella opera The Awakening (2023) di Suchitra Mattai che lavora con sari vintage indossati, arazzi vintage, filo da ricamo, perline, applicazioni, nappe e cordoni. Usa la pittura, il disegno, la scultura, il video sull’eredità indo-caraibica. Tra le varie opere della Galleria Ron Mandos, di Amsterdam, al centro dello stand dominava il tappeto di Marcos Kueh Homo Savagius Obedius (II selvaggio colto 2023). Insomma, in questa Armory Show New York 2023 non ci saranno state tante mega gallerie, ma di sicuro, c’era tanta ricerca, moltissime proposte e un’infinità di opere squisite. E poi, diciamola tutta: New York è sempre New York.
Emanuele Magri
Info:
thearmoryshow.com/news/2023-sections
Emanuele Magri insegna Storia dell’Arte a Milano. Dal 2007 scrive dall’estero per Juliet art Magazine. Dagli anni settanta si occupa di scrittura e arti visive. Ha creato mondi tassonomicamente definiti, nei quali sperimenta l’autoreferenzialità del linguaggio, come “La Setta delle S’arte” nella quale i vestiti rituali sono fatti partendo da parole con più significati, il “Trattato di artologia genetica” in cui si configura una serie di piante ottenute da innesti di organi umani, di occhi, mani, bocche, ecc, e il progetto “Fandonia” una città in cui tutto è doppio e ibrido.
NO COMMENT