La missione istituzionale di un museo d’arte contemporanea è identificabile nella conservazione, promozione e valorizzazione del patrimonio a esso affidato, a cui si aggiunge, nei casi più encomiabili, un concreto sostegno alla ricerca artistica delle generazioni emergenti. Tutte queste azioni, non sempre adeguatamente implementate dalle istituzioni italiane, sono all’origine della collettiva The Floating Collection recentemente inaugurata al MAMbo, che si propone di rivitalizzare il patrimonio culturale cittadino attraverso l’apporto di sei artisti (Alex Ayed, Rä di Martino, Cevdet Erek, David Jablonowski, Miao Ying e Alexandra Pirici) invitati a realizzare opere completamente nuove ispirate alle suggestioni delle collezioni museali bolognesi. La mostra, a cura di Lorenzo Balbi e Caterina Molteni, immagina una “collezione fluttuante” in cui i differenti stili, tecniche e approcci che caratterizzano le arti contemporanee più recenti convergono nell’intento di materializzare non tanto una rilettura degli oggetti delle collezioni storiche, quanto le idee e gli immaginari che possono emergere da una loro riconsiderazione scevra dai parametri enciclopedici e catalogatori propri del modello museale occidentale. Quest’approccio centra il duplice obiettivo di dimostrare come la produzione artistica possa essere un valido alleato per comprendere il nostro presente proiettandolo nel futuro e quanto una gestione attivamente impegnata a scandagliare le istanze dell’arte nel loro farsi possa tradursi in una spinta propulsiva per il progredire della ricerca.
La mostra si apre con una stanza dedicata ad Alex Ayed (Strasburgo, 1989), che durante il suo soggiorno a Bologna si è concentrato sulle collezioni del Sistema Museale di Ateneo, che comprendono centinaia di oggetti raccolti dall’Università di Bologna nel corso dei secoli a scopo scientifico e didattico. L’artista, interessato al concetto di deposito istituzionale come espressione culturale in costante tensione tra l’ideologia e l’obsolescenza, adotta la prassi del ready-made per attivare le potenzialità immaginative di oggetti decontestualizzati. In mostra troviamo un misterioso dialogo installativo tra Untitled (Fossils and Shells), 2022, collezione di conchiglie e fossili interdetta allo sguardo del visitatore perché racchiusa in casse di legno in un evidente ribaltamento del canonico concetto di display museale e Untitled (Coop), 2020-2022, altrettanto enigmatica struttura che richiama alla mente una palafitta da pesca con tutte le aperture inspiegabilmente murate. Più direttamente legate alla sua esperienza in città, la serie dei Sun Drawings, presentazione incorniciata di alcune strisce per eliofanografo provenienti dal Museo della Specola in cui si sovrappongono le tracce dell’irraggiamento solare e quelle dell’intervento umano e la Tavola dei colori degli occhi di R. Martin e B.K. Schultz, 1930, prelevata dalla Collezione di Antropologia dell’Alma Mater Studiorum, dispositivo utilizzato per catalogare le colorazioni dell’iride umana in una prospettiva di tassonomia razziale, di cui evidenzia la tendenziosità semantica.
Cevdet Erek (Istanbul, 1974) si è cimentato con il grande spazio della Sala delle Ciminiere, per il quale ha concepito Columns of curiosities, 2022, installazione architettonica site-specific di torri di gesso patinato, una delle quali è sormontata da un calco del XIX sec. della croce perduta di Varignana (IX-X secolo) conservata al Museo Civico Medievale di Bologna, che rievoca l’usanza medievale di adibire colonne d’epoca classica ribaltate per sorreggere croci votive. L’artista ha risolto il complesso problema della gestione della sala, che per la sua ampiezza e altezza costituisce al tempo stesso un’opportunità e una sfida per tutte le mostre ospitate al suo interno, ragionando sull’idea di colonna come elemento modulare che accomuna il panorama cittadino, tipicamente ritmato da portici e torri, e l’architettura industriale dell’ex forno del pane in cui ha sede il MAMbo. La regolarità immediatamente suggerita dalla capacità di mimetizzazione dei moduli nello spazio si frammenta in una cadenzata discontinuità ritmica che fa insorgere un’ulteriore connessione con l’ambiente museale nell’implicita convergenza dell’idea di colonna in quella di piedistallo.
La mostra prosegue con l’intervento di Alexandra Pirici (Bucarest, 1982), danzatrice professionista e coreografa rumena, nota per mettere in scena azioni pubbliche, gesti e sculture che inducono a rivalutare le narrazioni della storia e dello spazio urbano, della natura e dell’immaginario digitale. L’artista, la cui azione performativa Encyclopedia of Relations (2022 – in corso) è stata inclusa nella mostra Il latte dei sogni curata da Cecilia Alemani per la 59. Esposizione Internazionale d’Arte, investiga il ruolo che un corpo collettivo può esercitare nel confrontare le strutture di potere assemblando gruppi di performer in formazioni, da lei definite come sculture viventi, che agiscono, si muovono, si spostano e cantano senza attenersi a nessuna linea narrativa. Nella mostra al MAMbo Pirici propone una versione a due interpreti della performance Re-collection (2018-2020), strutturata come una collezione “vivente” di opere d’arte reali e fittizie che vengono materializzate ed evocate senza soluzione di continuità dai gesti e dalle voci dei due performer che si appropriano dello spazio a partire da un piedistallo-palcoscenico centrale. L’assenza di etichette e classificazioni coinvolge lo spettatore in un riconoscimento intuitivo ed emozionale che trascende la fruizione per diventare a sua volta co-creazione. L’inclusione di questo lavoro conferma la felice intuizione curatoriale di Lorenzo Balbi, già evidente nella presenza di Bonjour di Ragnar Kjartansson nella collettiva AGAINandAGAINandAGAINand (2020), di offrire una ricognizione variegata delle forme espressive contemporanee, non tutte equamente valorizzate nei contesti istituzionali più canonici.
Rä di Martino (Roma, 1975) nel video Moonbird abbozza un ritratto poetico di Amedeo, botanico mentalmente prigioniero delle naturalia della sua collezione e delle immagini affrescate sulle pareti della sua lussuosa dimora in decadenza, in cui potremmo forse leggere una personificazione del collezionista tout court. L’accompagnamento musicale, composto da Mauro Remiddi rielaborando campioni sonori di strumenti musicali antichi provenienti dal Museo internazionale e biblioteca della musica di Bologna, scandisce il passaggio della vita del protagonista da una routine quasi fobica al caos scatenato dalla comparsa di un uccello fantastico, che scardina le sue abitudini trasmettendogli la sua stessa vitalistica imprevedibilità. Per Amedeo liberarsi dell’inedia significherà prendere di nuovo coscienza della realtà che lo circonda ed esplorare il suo giardino come se lo vedesse per la prima volta, ma anche perdersi nella sua passione edonistica fino a scomparire tra prato e cielo nel tentativo di raggiungere l’oggetto del suo desiderio.
David Jablonowski (Bochum, 1982) riflette sulla valenza scultorea degli oggetti tecnologici e sui processi evolutivi sottesi al loro costante aggiornamento in termini di struttura, materiale e software, da lui intesi come specifici indicatori culturali. L’artista mette in crisi il concetto di innovazione (mantra apparentemente inattaccabile del consumismo tecnologico) attraverso la creazione di articolati sistemi installativi in cui strumenti ad alta e bassa tecnologia riescono a convivere trovando modalità di interazione coerenti che scardinano il paradigma evoluzionistico lineare frammentandolo in infinite ipotesi di compresenza temporale. In mostra troviamo, oltre a una serie di lavori scultorei esistenti, una nuova produzione dal titolo Geo-fenced commodity futures (renewable, traced, hard) I-V, installazione ambientale attraversabile in cui la composizione di oggetti e materiali di diversa natura evoca una catena di montaggio o i binari di un treno merci, la cui misteriosa consequenzialità è intuibile, ma preclusa nelle sue logiche interne all’osservatore.
Miao Ying (Shangai, 1985) conclude il percorso espositivo con Surplus Intelligence (2021-2022), animazione sviluppata da un software per videogiochi ambientata nel paese di Walden XII, immaginario regno para-medievale di ultima generazione in cui una popolazione di scarafaggi è punita o premiata dagli esponenti della casta dominante in base al punteggio comportamentale ottenuto. L’opera assembla in una suggestiva estetica digitale spunti storicizzanti tratti dalle testimonianze architettoniche e museali cittadine e suggestioni ultra-contemporanee, come i bit coin e i big data, che vengono assimilati ai primi in quanto reperti archeologici della nostra contemporaneità ormai estinta. La trama, sviluppata da un’Intelligenza Artificiale formata dall’artista attraverso diverse letture da lei selezionate, mette in relazione le forme di sorveglianza del passato, come le celle di isolamento sotterranee e il sistema delle indulgenze papali, con gli attuali sistemi telematici di condizionamento mentale e raccolta dati. Con un approccio ironico e ludico che non diluisce la portata esistenziale della riflessione, l’opera immerge lo spettatore nel nonsense di un mondo ideologicamente surreale in cui nulla è off-limit se si conosce la strada per aggirare le restrizioni, che si rivela inquietantemente simile, proprio negli aspetti più contraddittori, a ciò che il presente sta preparando per il nostro futuro.
Info:
The Floating Collection: Alex Ayed, Rä di Martino, Cevdet Erek, David Jablonowski, Miao Ying, Alexandra Pirici
a cura di Lorenzo Balbi e Caterina Molteni
MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, Sala delle Ciminiere
28/10/2022 – 8/01/2023
www.mambo-bologna.org
Laureata in storia dell’arte al DAMS di Bologna, città dove ha continuato a vivere e lavorare, si specializza a Siena con Enrico Crispolti. Curiosa e attenta al divenire della contemporaneità, crede nel potere dell’arte di rendere più interessante la vita e ama esplorarne le ultime tendenze attraverso il dialogo con artisti, curatori e galleristi. Considera la scrittura una forma di ragionamento e analisi che ricostruisce il collegamento tra il percorso creativo dell’artista e il contesto che lo circonda.
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