Nell’introduzione ai Millepiani (1980) Gilles Deleuze teorizza un modello di società all’interno della quale ogni gerarchia, ogni struttura – fonti primarie nel meccanismo di creazione di poteri e disuguaglianze – viene inevitabilmente a cadere. Il rizoma – sistema radicale di alcune piante che, sviluppandosi in orizzontale, ben si presta a esprimere tale modello – risponde, per l’autore, ad alcuni principi, come quelli di connessione e di eterogeneità che consentono a “qualsiasi punto di […] essere connesso a qualsiasi altro”[i].Applicati all’odierno regime dell’ipervisibile, termine la cui retorica non ne intacca l’efficacia, i principi di connessione e di eterogeneità permettono un rimescolamento costante di un archivio illimitato di stimoli visivi in grado di dare vita a una prole potenzialmente sconfinata.
Il desiderio di sottoporre lo sterminato patrimonio visivo globalizzato a una sorta di stress test mediante la strategia postmodernista della citazione è alla base dell’indagine di Okuda San Miguel, celebre street artist spagnolo presente a Bologna con The Renaissance Metaverse, mostra dislocata su due sedi (gli spazi dell’ex chiesa di San Mattia in Sant’Isaia e la MAGMA Gallery in Santo Stefano) e aperta fino al prossimo 4 dicembre. Scoprendo le carte già dal titolo, che fonde – o cerca di farlo – passato e presente tra di loro, Okuda formalizza il suo personalissimo immaginario di un’epoca di transizione. Senza prendere una posizione netta, e limitandosi a rimpinguare il campionario di quelle “simulazioni sdrammatizzate”[ii] di cui parlava Baudrillard (Il complotto dell’arte, 1997), Okuda di fatto manca di coraggio. Come notato correttamente da Christian Nirvana Damato in un suo pezzo per “Artribune” dello scorso marzo (Merci immateriali e gattini digitali. La crypto art tra novità e pericoli), “Il mondo è infatti saturo di “rappresentazioni” di questo tipo, ma povero di ripensamenti e azioni”[iii].
L’artista, inserendosi in pieno all’interno di quel filone che rimastica gli immancabili campioni del “classico” (Venere di Milo, David di Michelangelo) e li colloca in uno spazio ipersaturo, si pone sulla scia di artisti (per citarne alcuni) come David Lachapelle o come il collettivo russo AES+F, sulle cui suggestioni anche composizionali (la scelta del tondo è cifra ricorrente nei lavori di AES+F) va ad innestare molteplici spunti, desunti soprattutto dal più recente immaginario popolare: Topolino, “nuovo Messia” contemporaneo, è deposto dalla croce (The Last Descent) per riapparire come Giudice (Todes somos Ella); accanto alle due New Mona Lisa compaiono gli album dei Wu-Tang Clan e dei Public Enemy; anche il pokèmon Pikachu, oltre a prestare le iconiche orecchie alla Venere di Milo, si palesa per ben due volte, sia in versione originale e sia nelle forme del suo adattamento meme.
Gli ingredienti che completano la visione di Okuda, e che la definiscono nella sua superficialità, sono i multiformi pattern decorativi che costituiscono lo strato epidermico della fauna che popola le varie scene, fatta di creature animali, ibridate o più spiccatamente umanoidi. La cifra di riconoscibilità di Okuda – l’ordito a triangoli colorati – è accompagnata dal ricorso, anch’esso sistematico, al pattern mattonato e all’inserzione di loghi di noti brand – Gucci, Louis Vuitton – la cui consistenza è quella della carta da parati.
Quali scenari verranno aperti dall’avvento delle cryptocurrencies? Quale futuro per la comunità queer? Anche questi interrogativi, centrali nel dibattito culturale odierno ma dall’esito ancora incerto, non sfuggono all’azione livellatrice di Okuda, che li riduce a mera trama ornamentale (Gesù e la Vergine nelle loro versioni bitcoin e queer). Del resto, anche quando preconizza l’utopia della liquefazione degli stati nazionali (Flags of love) ammiccando, pur se da lontano, all’operazione di Margherita Moscardini a palazzo Strozzi (the decline of the nation state and the end of the rights of man), lo spagnolo non sembra volersi prendere totalmente sul serio, da ultimo e inconsapevole erede degli apologeti dell’ironia “a tutti i costi” qual è. Tuttavia, in un mondo che ha abusato di questo dispositivo, disinnescandone totalmente il potere e la capacità di incidenza sul reale, e che sembra sul punto di morire per eccesso di ironia, l’insieme di operazioni condotte da Okuda arrivano inevitabilmente a svuotarsi di carica, di sentita e doverosa verve polemica risolvendosi, al contrario, in un nulla di fatto, nell’ennesima dimostrazione di (in)efficacia di quella macchina celibe che è lo scandalismo di maniera.
Andrea Bardi
[i] Gilles Deleuze, Felix Guattari, I millepiani, p. 39.
[ii] Jean Baudrillard, Il complotto dell’arte, p. 19.
[iii] https://www.artribune.com/progettazione/new-media/2021/03/crypto-art-nft-mercato/
Info:
Okuda San Miguel. The Renaissance Metaverse.
06/11/2021 – 04/12/2021
Ex Chiesa di San Mattia, Via Sant’Isaia, 14, 40132 Bologna
MAGMA gallery, Via Santo Stefano, 164, 40125 Bologna
Telefono: +39 380 767 5718
E-mail: info@magma.gallery
Sito: http://www.magma.gallery
Okuda San Miguel, The Last Descent, installation view, 2021. Courtesy: MAGMA Gallery
Okuda San Miguel, The Creation, 2021. Courtesy: MAGMA Gallery
Okuda San Miguel, Flags of Love, installation view, 2021. Courtesy: MAGMA Gallery
Laureato in conservazione dei Beni Culturali, attualmente frequenta il corso di laurea magistrale in Arti Visive presso l’Università di Bologna. È parte del team che si occupa della gestione di un noto blog di divulgazione culturale ed è inoltre contributor per Juliet Art Magazine. Crede nell’arte come spazio di recupero di una complessità perduta.
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