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“Tra Cielo e Terra”: il viaggio onirico di Ilya ed Emilia Kabakov alla Fondazione Querini Stampalia di Venezia

Uno degli aspetti più interessanti, quando si è a Venezia durante l’apertura della Biennale Arte, è il privilegio di poter assistere all’inaugurazione di una serie di mostre che fanno da corollario alla kermesse veneziana, ma che talvolta la surclassano per qualità e ricerca, come quella di cui stiamo per parlarvi. Incuriositi dalla lettura del libro di Chiara Bertola “Conservare il futuro” nel quale si parlava abbondantemente della Fondazione Querini Stampalia di Venezia e anche dal lavoro che il duo di artisti Ilya ed Emilia Kabakov avevano compiuto in loco, ci siamo avventurati alla scoperta della Fondazione.

Ilya ed Emilia Kabakov, “Concert for a fly”, 1986, ph. Michele Sereni, courtesy Fondazione Querini Stampalia, Venezia

Premettiamo che la Fondazione Querini Stampalia è una chicca, un luogo da non perdere a Venezia, un’enclave di cultura di arte contemporanea che dialoga in modo fisiologico con un palazzo del XVI secolo nel quale sono contenuti una biblioteca e vari spazi espositivi, alcuni dei quali costruiti ad hoc dai vari artisti. In esso Chiara Bertola, odierna Direttrice della GAM di Torino, lavorando come curatrice per più di vent’anni, è riuscita a tessere un filo conduttore sottile e sofisticato che, attraverso rimandi artistici di tutte le epoche, lega le opere attualmente esposte. In particolare in occasione della 60esima Biennale Arte, l’opera di Ilya ed Emilia Kabakov, così legata ai luoghi di cui stiamo parlando, ha trovato una celebrazione appropriata con la mostra “Between Heaven and Earth” (Tra cielo e terra). Negli spazi espositivi della fondazione sono esposte quattro installazioni storiche del duo russo che, pur monopolizzando l’attenzione del visitatore con la loro possente presenza, dialogano con i luoghi, lasciando spazio all’osservazione di opere collaterali appartenenti alla collezione permanente.

Ilya ed Emilia Kabakov, “The eminent direction of thoughts”, 2017, ph. Michele Sereni, courtesy Fondazione Querini Stampalia, Venezia

Le opere dei Kabakov fanno riferimento a concetti che ritornano nei loro lavori, tessendo una trama di forte impatto con i luoghi nei quali sono ospitati. Ed ecco dunque che nell’opera “L’eminente direzione dei pensieri” scorgiamo una sedia, posizionata in una piccola stanza a cui lo spettatore si affaccia per osservare questa “installazione totale”, enucleata in un piccolo spazio, circondata dal fascio di luce che proviene dal soffitto e da fili colorati. Così il volere dei Kabakov si compie! Chi sarà stata la persona che occupava la sedia? Dove sarà andata? Sarà forse fuggita utilizzando i fili colorati o smaterializzandosi altrove. Tali le domande che si impadroniscono dello spettatore. In questo legame intenso che riporta la riflessione al concetto di stanza, particolarmente presente nell’opera dei Kabakov, in quanto legato al fuggire dalla quotidianità o al proteggersi da ciò che è fuori di noi, il concettualismo a cui gli artisti russi hanno fatto riferimento stimola la riflessione di noi poveri mortali, ormai abituati a un’arte priva di spessore, che cela ben poco di intellettuale al suo interno. È proprio questa, a nostro avviso, la portata atemporale e di ampissimo respiro che l’opera di Ilya ed Emilia Kabakov donano al pubblico. La capacità di sollecitare pensieri e sogni, di immedesimarsi nelle storie che i due artisti suggeriscono allo spettatore, traendone considerazioni universali, facendo riferimento alla nostra immaginazione, ormai atrofizzata dall’utilizzo eccessivo dei social, ma che di fronte a tale estro creativo, prende respiro. Senza dimenticare, inoltre, che il loro lavoro è stato sempre ispirato a una mordente critica del regime sovietico stalinista, impegnandosi nel mettere in evidenza la necessità di una nuova coscienza critica ed etica, come nell’opera “Where is our place?’. In questo lavoro complesso, infatti, giocando su piani differenti tra realtà e illusione, i Kabakov avevano immaginato due enormi personaggi, di cui gli spettatori scorgevano solo la parte inferiore degli arti, adattando anche la struttura delle stanze e i quadri in essi esposti al tema dell’opera. Esso introduce uno dei loro temi fondamentali: la relatività, rispetto all’epoca storica, agli eventi, ai punti di osservazione, rispetto alla dicotomia contemporaneo/ tradizione, di cui l’installazione alla Querini rappresenta l’incarnazione più evidente.

Ilya ed Emilia Kabakov, “The fallen chandelier”, 1997, ph. Michele Sereni, courtesy Fondazione Querini Stampalia, Venezia

Un’altra delle opere che si esplicita come una poesia assoluta è “Il lampadario caduto”. Per comprendere la portata dell’opera occorre immedesimarsi nel palazzo in cui essa è ospitata, che come dicevamo nell’incipit è una costruzione elegante e ricca di cimeli storici e opere d’arte di varie epoche, a cui ovviamente sono correlati lampadari imponenti e preziosi. In questa cornice lo spettatore resta folgorato nel vedere un lampadario ottocentesco in vetro frantumato nel pavimento, i cui i tintinnii riecheggiano ancora nelle stanze. E subito ci si domanda: cosa sarà successo al lampadario? quale destino crudele potrà averlo fatto infrangere così rovinosamente al suolo? Ancora una volta, la situazione creata dagli artisti si impadronisce di noi, in parte rendendoci inquieti nel non saper dare una soluzione immediata alla questione, in parte lasciandoci ricchi di curiosità nel continuare il percorso espositivo. La prosecuzione della visita è volta, pertanto, a osservare le opere, notando come il duo di artisti sia riuscito a collegare le abilità di entrambi, illustratore all’inizio della sua carriera Ilya, e musicista Emilia.

Ilya ed Emilia Kabakov, “I will return on April 12…”, 1990, ph. Michele Sereni, courtesy Fondazione Querini Stampalia, Venezia

Le sale si susseguono l’una dopo l’altra e spesso si resta in apnea. Ci si aspetta un’altra sorpresa dietro l’angolo, per la quale saremmo portati a immaginare percorsi inesplorati e relativi alle domande sospese che gli artisti hanno voluto suscitare. I leggii inanimati con le complesse partiture descritte minuziosamente e con piccole illustrazioni a corredo dell’opera “Concerto per una mosca (musica da camera)”, ci fanno soffermare sui particolari più macroscopici, per poi osservare la mosca appesa al centro dell’installazione. È lei la protagonista assoluta o forse la direttrice d’orchestra. Al momento c’è silenzio. Non si muove una mosca, si potrebbe affermare, ma chissà se tutto quello che doveva accadere è già accaduto o accadrà! Il cielo capovolto che si è trasferito sul pavimento dell’opera “Tornerò il 12 aprile”, nonostante le splendide ambientazioni delle sale della fondazione, catturano il nostro sguardo. Quella sedia posta al margine dell’opera stessa, con degli abiti ordinatamente riposti e il suo titolo suggestivo, non possono non farci pensare a Ilya Kabakov da poco scomparso, la cui presenza si avverte fisicamente, come quella di Emilia, in tutto il percorso espositivo. Dovunque tu sia, Ilya, e in qualunque momento tu decida di ritornare, magari realizzando il desiderio che Chiara Bertola ci ha confidato di avere, e cioè di riuscire a riunire le opere dei Kabakov in un’unica grande mostra antologica, non temere, il tuo pubblico sarà sempre presente, per celebrare un grandissimo artista, di cui si sente già un’immensa mancanza.

Info:

Ilya and Emilia Kabakov. “Between Heaven and Earth”
14/04 – 14/07/2024
a cura di Chiara Bertola
Fondazione Querini Stampalia
Campo Santa Maria Formosa, 5252, Venezia
www.querinistampalia.org


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