Gli appassionati di arte contemporanea che frequentano le fiere e i principali appuntamenti espositivi di respiro internazionale avranno di certo notato come molti artisti oggi si dedichino al recupero (in prima persona o per procura) di tecniche artigianali un tempo legate a una sfera prettamente femminile e domestica, come ricamo, tessitura e uncinetto, che vengono rielaborate in chiave concettuale, pittorica, commemorativa, documentaria o narrativa. I tessuti possono avere un valore affettivo ed emotivo, quando conservano le tracce di chi li ha posseduti o lavorati, oppure diventare materiale artistico anche senza che la loro natura utilitaristica venga modificata da specifici interventi. In certi casi il loro utilizzo è motivato esclusivamente da intenzioni estetiche legate a valori cromatici o materici, in certi altri è connesso all’indagine di specifiche tematiche sociali, in particolare di matrice anticolonialista o di genere.
Gli studi sistematici su questa peculiare nicchia della produzione artistica contemporanea sono molto rari, ma è risaputo che il mezzo tessile, in passato visto come un’arte decorativa, sia da tempo una forma espressiva a sé stante, capace di instillare nuovi spunti di ricerca nelle poetiche di artisti normalmente dediti ad altre tecniche oppure di caratterizzare in modo esclusivo la cifra espressiva di alcuni. Costituisce un prezioso tassello di un’auspicabile ricognizione sull’argomento ancora da venire la mostra “TRAME ESPLORATIVE: un viaggio attraverso l’arazzo” curata da Nadia Stefanel alla Fondazione Dino Zoli di Forlì, che propone al pubblico un’ampia e documentata rassegna sull’arte dell’arazzo in Italia dagli anni ‘50 del secolo scorso ai nostri giorni. L’evento si inscrive in un più ampio programma di mecenatismo dell’azienda Dino Zoli Textile volto a incentivare attraverso residenze o commissioni la contaminazione tra produzione industriale e arte che ha già al suo attivo prestigiose collaborazioni con artisti, tra le più recenti quelle con Elena Bellantoni e Silvia Camporesi.
Il percorso espositivo della mostra in corso si articola in due sezioni tematiche, una di carattere storico e una dedicata alle sperimentazioni più recenti. La prima ripercorre il fitto dialogo tra artisti e artigiani instaurato tra gli anni ‘50 e ‘90 da quattro manifatture italiane d’eccellenza (Esino Lario a Lecco, Elio Palmisano a Saronno, Arazzeria Pennese a Penne e Studio Pratha a Sarule) e da un prestigioso opificio francese (Ateliers Pinton a Felletin) attraverso una mirata selezione di arazzi disegnati da alcuni dei più importanti maestri del secondo Novecento. Il susseguirsi dei lavori esposti, tutti pezzi unici, segue il doppio filo conduttore di una mappatura delle diverse declinazioni visive del linguaggio astratto e della loro traslazione dalla pura dimensionalità della pittura alla tridimensionalità materica dell’arazzo, in cui le caratterizzazioni stilistiche dei vari autori s’intersecano in maniera indissolubile quelle derivate dai processi produttivi elaborati da ciascuna manifattura. Da questa simbiotica interconnessione emerge in modo lampante la duplicità dello statuto dell’arazzo per il quale, come per tutte le opere scaturite dallo sconfinamento degli artisti in ambiti in cui beneficiano della competenza creativa di altri professionisti, si potrebbe parlare di autorialità condivisa, essendo altrettanto determinanti ai fini della loro riconoscibilità sia l’impronta stilistica dell’artista sia il “marchio di fabbrica” di una certa bottega. La traduzione delle visioni degli artisti in un altro medium comporta, inoltre, un processo di interpretazione e sintesi dei loro linguaggi che offre all’osservatore un’interessante occasione per approfondirne i caratteri dirimenti.
Tra i lavori esposti in questa sezione segnaliamo “La scala d’oro” (1975) di Afro, suggestivo paesaggio mentale ispirato allo scalone d’onore che conduce all’appartamento del Doge al Palazzo Ducale di Venezia, dove le campiture nere tanto caratteristiche della sua produzione (qui sagomate ad alludere il profilo di una gondola) si stagliano contro un luminoso e vibrante fondo dorato, sorprendente per il fatto di essere stato realizzato con un materiale, come il filo, che la consuetudine ci porta a immaginare compatto e opaco. Un altro pezzo degno di nota è l’arazzo intitolato “Focus” (1976) di Luigi Veronesi dove il medium tessile si rivela particolarmente versatile nel suggerire, grazie anche alla sua texture, come la sovrapposizione in trasparenza di figure geometriche implichi un’intersezione di piani dotati di un intrinseco (per quanto infinitesimale) spessore, evocativo della spazialità concettuale indagata dall’artista. Bellissimo, per concludere questa breve e del tutto soggettiva disamina della sezione storicizzata, il grande arazzo in lana tessuto a mano di Alexander Calder intitolato “Mes oignons” (1971). Qui le forme bidimensionali fluttuanti che restituiscono gli andamenti della crescita vegetale si intersecano l’una nell’altra rivelando la qualità scultorea dell’impianto grafico, particolarmente evidente nel passaggio del germoglio blu attraverso un tortuoso rivolo di colore nero, motivo ricorrente anche in altri dipinti dell’artista.
Nella seconda sezione, incentrata sulla stretta contemporaneità, l’approccio filologico cede il passo a una più libera campionatura della presenza dell’arazzo e del tappeto nella produzione artistica contemporanea, nella maggior parte dei casi non più animata dall’intento di trasporre un’immagine grafica o pittorica nel mezzo tessile con la maggiore fedeltà possibile, ma esito di una progettazione integrata che parte dalle potenzialità materiali ed evocative del tessuto scelto. Risultano emblematici in quest’ottica i lavori di Armida Gandini e Loredana Longo, entrambi fondati sulla rielaborazione di tappeti orientali usati e ispirati da una concezione del tappeto inteso come bene mobile nella sua facile trasportabilità. Nel primo caso l’artista evoca la realtà instabile e in costante trasformazione dei migranti ritagliando dai tappeti sagome viandanti desunte dai grandi classici della storia dell’arte, nel secondo il tappeto, marchiato a fuoco con statement lapidari, è veicolo di diffusione di messaggi critici nei confronti della società capitalistica e globalizzata. Sembra invece sfidare la naturale opacità del tessuto la serie di piccoli arazzi intitolata “Reverie” di Elena El Asmar, in cui pattern puntinati al limite dell’astrazione suggeriscono un’idea di diaframma tra mondo reale e stato onirico, innescata dall’osservazione dei riflessi di luce sui vetri della sua finestra affacciata sulla campagna toscana. Molto suggestiva, per concludere, anche l’installazione di arazzi realizzati nelle Fiandre di Maurizio Donzelli, che movimenta lo spazio con un gioco plastico di aggetti e rientranze in cui elementi decorativi tratti dalla pittura medievale e rinascimentale ingigantiti e riprodotti dalla tessitura diventano immaginifici portali di accesso a un mondo fiabesco e multidimensionale.
Info:
TRAME ESPLORATIVE: un viaggio attraverso l’arazzo
Artisti in mostra: Afro, Stefano Arienti, Niki Berlinguer, Eros Bonamini, Alexander Calder, Sonia Delaunay, Maurizio Donzelli, Piero Dorazio, Gianni Dova, Nathalie Du Pasquier, Elena El Asmar, Omar Galliani, Armida Gandini, Fabio Iemmi, Riccardo Licata, Loredana Longo, Antonio Marras, Francesca Müller, Mauro Reggiani, Remo Salvadori, Gino Severini, Sissi, Guerrino Tramonti, Luigi Veronesi.
Prestatori: Archivio Omar Galliani, Reggio Emilia; Atelier Antonio Marras, Milano; Alessandro Casciaro Art Gallery, Bolzano; Galleria Moshe Tabibnia, Milano; Galleria Antonio Verolino, Modena; Museo Guerrino Tramonti, Faenza; Studio Eros Bonamini, Verona; Studio Pratha, Sarule; Studio Francesca Müller, Amsterdam; Galleria FPAC Francesco Pantaleone, Palermo.
A cura di Nadia Stefanel
26/10/2024 – 16/03/2025
Viale Bologna 288, Forlì (FC)
www.fondazionedinozoli.com
Laureata in storia dell’arte al DAMS di Bologna, città dove ha continuato a vivere e lavorare, si specializza a Siena con Enrico Crispolti. Curiosa e attenta al divenire della contemporaneità, crede nel potere dell’arte di rendere più interessante la vita e ama esplorarne le ultime tendenze attraverso il dialogo con artisti, curatori e galleristi. Considera la scrittura una forma di ragionamento e analisi che ricostruisce il collegamento tra il percorso creativo dell’artista e il contesto che lo circonda.
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