READING

Tutto su Nelumbo Open Project, associazione/spazio...

Tutto su Nelumbo Open Project, associazione/spazio non-profit bolognese

In occasione del nuovo programma di residenze intitolato Rifugio promosso da Nelumbo Open Project per l’estate 2020, abbiamo intercettato le figure che costituiscono il “dietro le quinte” di questa realtà giovane e dinamica. Camilla Hilbe, Zoe Paterniani, Yulia Tikhomirova e Guendalina Piselli ci hanno raccontanto com’è nata questa esperienza e quale significato assume in rapporto al periodo storico che stiamo attraversando.

Antongiulio Vergine: Iniziamo dalle notizie più fresche. Avete inaugurato a fine giugno il vostro nuovo progetto Rifugio – titolo quanto mai calzante rispetto al periodo – che prevede anche l’uscita di un magazine a puntate: com’è nata l’idea e in cosa consiste?
Nelumbo Open Project: Rifugio nasce dall’esigenza di continuare l’attività culturale di Nelumbo nonostante l’impossibilità di riaprire lo spazio al pubblico a causa delle normative vigenti. Tutti i progetti di Nelumbo sono profondamente legati agli spazi della galleria (le due sale, lo stretto corridoio con soffitto a botte, il giardino). È proprio da questo fortissimo legame, per noi imprescindibile, che nasce Rifugio: un progetto di dieci residenze da 72 ore ciascuna che da giugno a settembre vede coinvolti dodici artisti attivi nel territorio bolognese. Ciascun artista ha a disposizione lo spazio di Nelumbo, per tre giorni, per realizzare un contributo di otto pagine che compone il magazine digitale. Come team di Nelumbo siamo sempre state interessate, più che al risultato finale, ai processi. Per questo per noi le pagine della pubblicazione, che alla fine si comporrà come un’opera collettiva, non sono da considerarsi come catalogo, come pagine di documentazione del lavoro svolto durante la residenza, ma come un vero e proprio spazio di sperimentazione artistica. Ciascun contributo viene inviato ogni domenica tramite newsletter a chi decide di abbonarsi con una donazione liberale, sostenendo così il progetto e anche le nostre attività future. Nelumbo Open Project non è una galleria commerciale, ma un’associazione culturale e tutte le nostre attività sono sostenute in parte dal team e in parte dalle attività fatte per i soci. Non poter utilizzare gli spazi, non poter realizzare eventi e mostre, ci ha portato a pensare a Rifugio anche come punto dal quale ripartire una volta che si tornerà – ce lo auguriamo – a una normale attività.

Gli artisti invitati ricorrono a differenti forme espressive come pittura, performance e fotografia, e possono essere considerati dei giovani artisti (tutti nati tra la metà degli anni ‘80 e la metà dei ‘90). Come si è articolato il processo che ha portato alla loro scelta?
È stato frutto di un lavoro di gruppo. I primi che abbiamo voluto coinvolgere sono artisti che hanno già collaborato con Nelumbo – Dydimos, Teodoro Bonci del Bene e Barbara Baroncini. In questo caso da una parte noi conosciamo già il loro modo di lavorare e le possibilità espressive che si sarebbero aperte in un progetto di questo tipo, dall’altra sono artisti che già conoscono lo spazio e che lo hanno già vissuto. Metterli di fronte a un cambio di prospettiva ci è sembrata un’operazione interessante sia come curatrici sia come artiste. Per gli altri nomi coinvolti – Lorenzo Ermini, Jacopo Ferrarese, Sara Lorusso, Chen Xue, Luca Cavicchi, Shafei Xia, Andrea Casciu e Kiki Skipi – ci siamo confrontate scegliendo artisti la cui pratica fosse interessante per tutte e in secondo luogo che, nonostante la differenza di linguaggio utilizzato, pensavamo potessero lavorare bene in un ambiente come quello di Nelumbo.

Parliamo un po’ di Nelumbo, realtà nata nel 2011 come prima galleria d’arte orientale a Bologna. Come si è giunti a Nelumbo Open Project? Cosa è successo nel frattempo?
La Nelumbo nasce nel 2011 come galleria antiquaria orientale, una realtà molto particolare e, per Bologna, mai vista. Non nasce solo come spazio commerciale, ma anche come un luogo per la diffusione dell’arte asiatica organizzando mostre a tema e cicli di conferenze. Tutto questo ha richiamato l’attenzione da parte di artisti attivi sulla scena di Bologna e attratti dall’Oriente, così la Nelumbo ha iniziato a ideare progetti espositivi anche con loro, per ampliare il dialogo occidente – oriente che da sempre ha mosso il suo interesse.
Poi nel 2015 è diventata un’associazione culturale proprio per dare sempre maggiore spazio a questo dialogo. Nel 2018 il team si è ampliato e ha concepito un progetto di largo respiro a partire dal tema del lavoro site-specific: è così che Nelumbo ha accolto la Nelumbo Open Project.

Bologna è una città ricca di realtà indipendenti, anche abbastanza strutturate, ed è sempre stata attenta al panorama underground sotto tutti i punti di vista. Qual è la vostra sensazione riguardo agli spazi non-profit? Godono della giusta attenzione/valorizzazione?
Bologna è sempre stata una città stimolante da questo punto di vista. Sono state tantissime le realtà indipendenti, dalla musica alle arti visive, che hanno fatto la storia della cultura italiana e non solo. Bologna non è una grande città come Milano, Roma o Torino, ma è proprio nell’essere una città a formato d’uomo che si creano sinergie che in tante altre città è difficile trovare. Un panorama diversificato e attento alla contemporaneità che spesso, soprattutto dal punto di vista politico, subisce l’attenzione rivolta al turismo che in assenza di grandi monumenti qui ha assunto la forma di quello gastronomico. Le energie, e la qualità, insomma ci sono. Quello che manca forse è il riconoscimento del potenziale dell’arte contemporanea, della sua importanza quanto appunto un monumento o una pala d’altare del Trecento… Ma questo non riguarda solo Bologna.

A proposito dello stato attuale dell’arte, soprattutto in termini di fruizione, cosa pensate riguardo la deriva virtuale e social dell’ultimo periodo?
È un argomento più complicato di quello che si potrebbe pensare. In Italia il digitale e il virtuale nella cultura sono sempre stati considerati come degli strumenti quasi avvilenti per il nostro patrimonio. Il termine inglese “virtual” viene tradotto con “virtuale” che nella lingua italiana comune spesso tende ad essere utilizzato come sinonimo di “digitale”. Il risultato è che il tour virtuale della Cappella Sistina è posto, linguisticamente, sullo stesso piano delle immagini delle opere di un museo o dei monumenti delle città italiane utilizzate per la comunicazione sui social, messo a confronto con videoconferenze trasmesse online… Con il lockdown e l’impossibilità di ritrovarsi fisicamente, improvvisamente, molte realtà culturali si sono accorte non del potenziale della comunicazione digitale, ma il suo possibile utilizzo per colmare un vuoto. Forse è in questo meccanismo che deve essere rintracciata la “deriva virtuale”. Tra i tantissimi musei, gallerie, associazioni, fondazioni che hanno ideato e realizzato dei bei progetti digitali, ce ne sono altrettante che si sono lanciate a capofitto nel mondo dei social e del web pur di esserci. Nel nostro caso un’attività prettamente digitale ci avrebbe portato proprio a quella deriva. Come ripetiamo, spesso le attività di Nelumbo sono intrinsecamente legate alla specificità dello spazio, a una certa aurea – se così vogliamo chiamarla. Per questo con Rifugio abbiamo limitato l’aspetto digitale all’invio di una mail. Gli artisti vivono fisicamente lo spazio, lavorano fisicamente alla pubblicazione e spetta poi al fruitore, una volta ricevuta la newsletter, scegliere se fruirla digitalmente o stampare le pagine del magazine per comporle e ricomporle in autonomia. Inoltre la fruizione di Rifugio non è un’azione “passiva”, i contributi realizzati dagli artisti non sono diffusi a tutti, è necessaria un’iscrizione e quindi una scelta da parte del pubblico, ancora prima di conoscere il contenuto.

Ultima domanda, non meno importante: avete dei progetti in cantiere? Cosa dobbiamo aspettarci ancora da Nelumbo?
Poco prima del lockdown stavamo lavorando a un progetto con Michele Liparesi. La mostra era prevista per la primavera, ma abbiamo dovuto ovviamente posticiparla e ripensarla alla luce di quanto accaduto in questi mesi. Non abbiamo mai smesso di lavorare e di pensare alle future attività di Nelumbo. Comunicare ad oggi una programmazione è davvero difficile anche per le istituzioni, immagina per le piccole realtà indipendenti come nel nostro questo caso. Non smetteremo comunque di dare il nostro contributo alla produzione contemporanea.

Antongiulio Vergine

Info:

Rifugio
giugno – settembre 2020
Nelumbo Open Project, via Arienti 10, Bologna (Bo)
nelumbopen@gmail.com
www.nelumbo.it
@n.o.project

Sara Lorusso, Rifugio, Nelumbo Open Project, Bologna, 2020

Teodoro Bonci del Bene, Astronave Italia, 2019, Nelumbo Open Project, Bologna

Barbara Baroncini, È tutto verde, 2019, Nelumbo Open Project, Bologna

Jacopo Ferrarese, Rifugio, Nelumbo Open Project, Bologna, 2020

Lorenzo Ermini, Rifugio, Nelumbo Open Project, Bologna, 2020

Ou allons-nous d’ici, Linda Bertazza, 2018, Nelumbo Open Project, BolognaLinda Bertazza, Ou allons-nous d’ici, 2018, Nelumbo Open Project, Bologna

Chen Xue, Rifugio, Nelumbo Open Project, Bologna, 2020Chen Xue, Rifugio, Nelumbo Open Project, Bologna, 2020


RELATED POST

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

By using this form you agree with the storage and handling of your data by this website.