Uno degli aspetti più misteriosi e inquietanti delle nuove tecnologie è l’ipotesi di un loro potenziale emotivo, il cui verificarsi eroderebbe all’osso la sostanziale differenza che ancora percepiamo tra noi e loro, facendole afferire, al pari nostro, al regno degli esseri senzienti. Quest’eventualità razionalmente impossibile (almeno allo stato attuale delle cose) serpeggia da decenni nel nostro immaginario e sembra essere un’inesauribile fonte di ispirazione per il cinema, la letteratura e le arti visive. In particolare queste ultime, nell’ultimissimo periodo, si sono confrontate con la pervasiva presenza dell’intelligenza artificiale e con gli interrogativi semantici ed esistenziali da essa suscitati. Afferisce a quest’ambito la ricerca di Riccardo Benassi (Cremona, 1982. Vive e lavora a Berlino), fin dall’inizio della sua carriera incentrata su un’interpretazione poetica dei mezzi tecnologici. L’artista, attraverso video, immagini generative e media robotici, scandaglia la fenomenologia delle interfacce che contribuiscono a formare la nostra visione del mondo innescando meccanismi di rispecchiamento ed estraneità per riflettere sulle intersezioni tra queste due dimensioni, sempre più indistinguibili per la crescente autosufficienza delle cosiddette “protesi tecnologiche”.
A Bologna, Palazzo Bentivoglio, nell’ambito del suo programma di acquisizioni e sostegno della produzione artistica, ha scelto di inaugurare il palinsesto di aperture serali del giardino (iniziato lo scorso anno con la presentazione dell’opera Lifetime di Ugo Rondinone in dialogo con una selezione di opere poetiche di John Giorno elaborata in collaborazione con la fondazione che ne gestisce l’eredità) con una piccola preziosa personale di Benassi, già presente in collezione con il dittico video: Così per dire (tornare partire), 2023. L’opera, supportata da due proiettori laser portatili pre-programmati, proietta sulla parete della porta di ingresso della collezione permanente un raggio laser con emissione di luce bianca che fa scorrere ritmicamente le due parole “tornare” e “partire”, frammentandole in ondate di lettere discontinue. L’opera, parte di quella che l’artista definisce «una serie di atti disincarnati di poesia parlata», amplifica la portata delle parole trasformandole in messaggi subliminali di cui la nostra mente intuisce il significato senza che lo sguardo riesca mai a coglierle nella loro interezza, mettendo in atto meccanismi che afferiscono all’ipnosi e alla psichedelia meccanica. Come si evince da questo esempio, il tratto più caratterizzante della poetica di Benassi è il far collidere la freddezza degli apparati ultratecnologici che utilizza con istanze emotive ed esistenzialiste per generare ibridi attraverso i quali siamo invitati ad addentrarci nella nostra intimità dall’esterno.
La commistione di straniamento e immedesimazione che ne deriva è il fulcro anche di ULTRAMORE, performance robotica prodotta da Palazzo Bentivoglio che esordisce in questa sede con dieci giornate di repliche aperte al pubblico su prenotazione, al termine delle quali proseguirà la sua vita immateriale all’esterno della collezione. Questo lavoro, i cui protagonisti sono una coppia di cani robot programmati dall’artista, come lui stesso spiega, parte da una riflessione sul fatto che «paradossalmente sono proprio le macchine – e a maggior ragione quelle più avanzate – a ricordarci cosa definisce la nostra umanità. Quando cerchiamo di mettere a fuoco la differenza tra noi e loro stiamo dando senso all’esistenza, scopriamo cosa ci stiamo a fare qui». E in effetti è sorprendente come i due animali meccanici, analoghi a quelli di cui si sono recentemente dotati i carabinieri italiani seguendo l’esempio della polizia americana, siano in grado di inscenare un surreale dialogo all’antica sull’amore incondizionato, facendosi portavoce di una confessione intima ed esistenzialista scritta dall’artista sotto forma di poetico flusso di coscienza affidato alla sintesi della voce della propria madre realizzata tramite intelligenza artificiale. I due performer, uno programmato, l’altro telecomandato in presa diretta dall’artista, si muovono circondati dal pubblico attorno a un’aiuola del giardino, interagendo tra loro con guaiti, parole e codici gestuali canini.
Sinistramente teneri nell’assomigliare al corpo acefalo di un’aspirapolvere con zampe, ma al contempo minacciosi per stazza, materiali e potenza, impersonano l’uno un afasico amore condizionato e l’altro l’amore incondizionato «quello che può essere rivolto anche a una persona che ci abbandona o che si decide di lasciare libera di abbandonarci», assimilato «al lavoro non produttivo della madre, che non vuole nulla in cambio». La rievocazione di sentimenti, ricordi infantili, abbozzi di riflessione non lineari avvalendosi di questi mezzi stranianti introduce un aspetto senziente nella marziale efficienza della macchina, rivelandone una fallibilità che viene istintivo assimilare alla costitutiva imperfezione dell’essere umano. Al di là dell’innegabile riferimento tematico ed estetico ai topoi di certa fantascienza distopica, quella dell’artista vuole dunque essere una riflessione sul nostro presente che, rielaborando intellettualmente sentimenti primari già rarefatti dalla mediazione tecnologica, ci invita a provare a ribaltare il modo in cui guardiamo la realtà in un sistematico esercizio del dubbio inteso come strumento euristico.
Info:
Riccardo Benassi. ULTRAMORE
20, 21, 22, 26, 27 e 28 giugno; 4, 5 e 6 luglio 2024
ore 18.00, 20.00 e 22.00
Palazzo Bentivoglio – Giardino privato
via del Borgo di San Pietro 1C, Bologna
Per prenotazioni: www.eventbrite.it
Laureata in storia dell’arte al DAMS di Bologna, città dove ha continuato a vivere e lavorare, si specializza a Siena con Enrico Crispolti. Curiosa e attenta al divenire della contemporaneità, crede nel potere dell’arte di rendere più interessante la vita e ama esplorarne le ultime tendenze attraverso il dialogo con artisti, curatori e galleristi. Considera la scrittura una forma di ragionamento e analisi che ricostruisce il collegamento tra il percorso creativo dell’artista e il contesto che lo circonda.
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