Inaugurata agli inizi di febbraio 2021 in uno spazio industriale di Rastignano (BO), attiguo ad alcuni studi d’artista, TIST – This Is So Temporary è una realtà nuova nel panorama bolognese, per lo meno riguardo agli intenti che si sono posti i suoi fondatori, l’artista e curatrice Yulia Tikhomirova (tra le fondatrici anche di Nelumbo Open Project a Bologna) e l’artista Michele Liparesi. L’idea è quella di non concepire in maniera negativa il rapido flusso degli eventi che contraddistingue il nostro tempo – la “modernità liquida” cui faceva riferimento Zygmunt Bauman – ma di cercare di piegare tale aspetto alle esigenze del momento, alle urgenze che caratterizzano l’oggi (e forse anche il domani) dell’arte contemporanea. Tutto questo si traduce nella fluidità della natura di TIST, nella sua capacità di cambiare costantemente pelle, e nella sua facoltà di raggiungere, potenzialmente, ogni angolo della nostra esistenza. Tikhomirova e Liparesi lo raccontano nelle righe che seguono.
Antongiulio Vergine: Da quali riflessioni è nato TIST?
Yulia Tikhomirova e Michele Liparesi: L’idea di TIST è nata come reazione al disorientamento e allo scoraggiamento che abbiamo accusato dopo un anno di chiusura delle attività artistiche, divenute, nel tempo, parte della nostra identità. Dovevamo reagire, tornare ad occuparci d’arte non solo a livello teorico e virtuale, come facevamo da mesi: avevamo bisogno di metterci di fronte a uno spazio fisico e vuoto per ricominciare a ‘riempirlo’. Abbiamo deciso di accettare la temporaneità (da qua il nome This Is So Temporary) del nostro quotidiano e l’impossibilità di progettare il futuro, facendone un punto di forza e lavorando con più liberta ed elasticità, qui e ora. Abbiamo trasformato parte di un capannone, che funge da laboratorio per cinque artisti, in uno spazio espositivo, e abbiamo iniziato ad allestire le ‘mostre’ brevi con durata di 20 giorni degli artisti che conosciamo, e di quelli che hanno lo studio lì vicino. Queste occasioni si sono subito dimostrate benefiche, sia al livello di confronto sui lavori in corso e sia come fonte di ispirazione per progetti nuovi: così abbiamo aperto TIST alle proposte ‘esterne’ di altri artisti e curatori. TIST è diventato quindi un project space con la natura di un edificio industriale dove è possibile provare opzioni installative differenti rispetto a uno spazio più strutturato di una galleria.
TIST è per sua natura itinerante – lo avete dimostrato con Marameo, ultimo artista invitato che ha eseguito degli interventi nel centro storico della città. Pensate di proseguire con questo doppio filone esposizione-interventi urbani?
L’idea di partenza di TIST sta nel lavorare sugli “allestimenti temporanei per spazi trasformabili”. Al di là del capannone a Rastignano, dove operiamo principalmente, TIST si muove attraverso il centro storico e la periferia, collaborando con altre realtà e/o intervenendo direttamente nella strada, come per il progetto Suture di Marameo. Abbiamo cercato di rispettare e di esprimere la sua identità da street artist, e quindi abbiamo pensato a due sviluppi paralleli del suo lavoro sfociati nella mostra al chiuso e nelle opere che si mimetizzano nella segnaletica urbana di Bologna. Ma ogni ‘caso’ artistico è diverso e temporaneo. Tra le idee che stiamo sviluppando in questo periodo, c’è quella di allestire un progetto all’interno della stalla di un casolare agricolo, oppure quella di “occupare” gli ambienti di una galleria in centro.
Credo che TIST sia una realtà totalmente nuova nel panorama bolognese. Pensate che questo incentiverà un nuovo modo di intendere gli spazi dell’arte?
Difficile da valutare ora. Bisogna prima tornare, se non alla normalità pre-Covid, per lo meno all’apertura degli spazi indipendenti della città, fortemente penalizzati dalla gestione dell’emergenza anche solo rispetto alle gallerie commerciali. TIST, per conto suo, ha una identità particolare, laboratoriale e periferica – è situato in un capannone ristrutturato appena fuori Bologna, il quale già da sei anni ospita diversi studi d’artista. Oltre ai laboratori e allo spazio espositivo, TIST ha la zona comune e il giardino. Nelle vicinanze si trovano altri capannoni adibiti a studi dagli artisti bolognesi. Il pensiero che ci incita a portare avanti il progetto è quello di creare una sorta di quartiere dedicato alla ricerca artistica fuori dal centro storico: lontani dai concetti di ‘coworking’ o di riqualificazione speculativa degli spazi, siamo piuttosto interessati a creare un ambiente condiviso e libero della produzione artistica.
A proposito degli spazi indipendenti, quali conseguenze pensate possano verificarsi a seguito di questa complicata – e ormai lunga – situazione? Si riuscirà a trarne qualcosa di positivo?
Le conseguenze di un anno di chiusura sono molto serie: ci sono realtà che hanno perso i propri spazi perché non sono più riusciti a pagare l’affitto. Secondo noi, gli spazi indipendenti devono costruire una sorta di processo culturale parallelo a quello istituzionale, avanzando insieme delle richieste comuni alla politica, per non essere trascurati com’è successo durante questo periodo.
Siete partiti con gli artisti Uried Schmid-Téllez e Marameo. Quali saranno i prossimi? Potete anticiparci qualcosa sui prossimi appuntamenti?
Abbiamo in programma una installazione scultorea e un progetto di video arte (probabilmente). Non facciamo la progettazione a lungo termine, essendo per natura temporanei. This Is So Temporary.
Antongiulio Vergine
Info:
TIST – This Is So Temporary, via Vincenzo Bellini 1, Rastignano (BO)
tist.situation@gmail.com
@tist.situations
Marameo, Suture, TIST – This Is So Temporary
Marameo, Suture, TIST – This Is So Temporary
Uriel Schmid-Téllez, Discrete Continuous, TIST – This Is So Temporary
Uriel Schmid-Téllez, Discrete Continuous, TIST – This Is So Temporary
RunMarameoRun, Marameo, Suture, This Is So Temporary
Nato a Campi Salentina (LE). Dopo la facoltà triennale di Tecnologie per la Conservazione e il Restauro dei Beni Culturali presso l’Università del Salento, frequento il Corso di Laurea Magistrale in Arti Visive presso l’Università di Bologna. Ho collaborato con la Galleria d’Arte Maggiore g.a.m. di Bologna e con il MUMA – Museo del Mare Antico di Nardò (LE). Mi interessano le vicende riguardanti l’arte contemporanea, in particolare quelle legate alle pratiche video-fotografiche e performative. Scrivo per ATPdiary e Juliet Art Magazine.
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