Riuscire a ideare un progetto espositivo sul tempo significa giocare con la rigida frusta sulla quale si trovano passato, presente, futuro e su cui si confrontano vicendevolmente i pensieri in movimento. È virtù ancor più rara riuscire a fissare il momento del pensiero con l’opera d’arte, giacché è consuetudine pensare che nell’arresto si celi più intimamente l’immaginazione[1]. I curatori Benedetta Monti e Niccolò Giacomazzi sono riusciti a domare, con una certa scioltezza, tale nerbo con la seconda edizione del Festival Vacunalia, quest’anno intitolato Il tempo scortese, in programmazione dal 3 settembre all’1 ottobre 2022, allestito presso Vacone (Rieti, Italia) con opere degli artisti Verdiana Bove, Martina Cioffi, Valerio D’Angelo, Roberto Maria Lino, Pietro Moretti e Yuxiang Wang.
I lavori si presentano nel borgo come un’esplosione immobile, capace di seminare affinità inaspettate secondo una norma libera e analogica. Tuttavia, l’elemento di forza del progetto risiede nell’accurata scelta dei sopracitati curatori, i quali hanno saputo, con determinazione e diligenza, ideare un percorso espositivo che non presenta alcun momento di debolezza allestitiva e di contenuto. Inoltre, ad arricchire la rassegna vi è anche la pubblicazione edita da DITO Publishing: un’originale idea catalografica valorizzata da contenuti testuali da cui emerge la singolare identità critica di Monti e Giacomazzi.
Tra i lavori esposti colpisce, per la finezza ideativa e il soffuso carattere sublime, l’opera di Yuxiang Wang, quale modifica meccanica e gentile sul conteggio del tempo, la quale viene alterata facendo sfiorare il pendolo dell’orologio del paese su una superficie d’acqua. Il lavoro, in altre parole, si caratterizza per la natura deliberatamente sperimentale e l’impegno pratico a giocare sull’aspetto associativo dell’elemento sonoro e visivo del rintocco dell’orologio. Quell’acqua sfiorata dal pendolo si presenta visivamente fissata sotto forma di cerchi concentrici negli ermetici acquarelli di Pietro Moretti, dosatamente allestiti nella bacheca di Vacone. Così, il visitatore, facendo leva sull’esigenza di soffermarsi per visionare i contenuti in teca, scopre la diluita pittura di Moretti, che si pone come un’interrogazione sui fondamenti del tempo e della vicinanza. In tal modo, l’artista fissa, con occhio rapace, gli interni dall’atmosfera sommessa e indefinibile, ideando al contempo una singolare ricerca trascendentale perennemente in bilico tra pensiero e respiro fisico.
Commettendo un lieve anacronismo temporale, Martina Cioffi, da par suo, idea un intrigante allestimento scultoreo che norma lo spazio espressivo dell’antica vasca del borgo dedicata alla Dea Vacuna, divinità Sabina delle acque e dei boschi. L’artista concepisce la vasca per la sua natura ancipite, così le due sculture raffiguranti protuberanze di mammelle zampillanti d’acqua diventano parti attive di un corpo immaginato. Va da sé che alla vista di quest’opera emerga vivo il desiderio di considerarla permanente per il paese, proprio perché l’artista ha saputo vedere il mito della Dea cogliendone la dimensione immaginifica, mai fantastica o fantasiosa, ma reale e carnale. Legata da una recondita affinità, sugli aspetti ctoni e misterici segue l’intervento di Verdiana Bove che vuole dimostrare di possedere uno sguardo morfologico e tipologico verso testimonianze visive, raffigurando immagini dal sopraffino carattere fiabesco e surreale. Così, due “sinopie” pittoriche alludono a scene di vita conviviale, con una pittura timbrica, dall’aspetto ventilato, ed esalante una luce fresca e mai trattenuta. Bove, in altri termini, trasvola il tempo della memoria ponendosi dietro al colore, decantandolo, spingendolo avanti fino a tramutarlo nello schermo di un manifesto visivo.
Diversamente, con Valerio D’angelo il sensorio viene sottoposto all’invio di stimoli percettivi tutti mimetizzati nella piazzetta del belvedere del borgo, laddove sono allestite opere scultoree che giocano sull’elemento della dispersione. L’osservatore, a cui si offrono diversi scorci scultorei, necessita di fermare i propri pensieri per capire se i lavori siano parti integranti del paesaggio e, in questa condizione d’instabilità visiva, il dubbio si tramuta in forma d’intuizione: una consapevole soggettività che può maturare solo in loco, con la veduta di queste stesse installazioni. A voler intendere l’opera come uno scambio di relazioni con lo spazio, e anche come testimonianza pronta a registrare le mutazioni, si pone quanto realizzato da Roberto Maria Lino. L’opera attrae per il suo carattere stereometrico, siccome pare voglia raccontare visivamente uno schema logico algebrico in cui le forme geometriche si compongono sulla base di una totalità, concentrata ma anche dispersa, che è colta nell’istante in cui il telo detona e collassa sino a dispiegarsi nell’aria aperta.
Nel suo insieme Vacunalia si pone come un riuscito esercizio interpretativo di un luogo storico, un felice “tallo”, in altri termini, da cui germogliano in divenire riflessioni sull’arte in rapporto a un insolito spazio comune dal tempo sospeso. Tema complesso quest’ultimo, di cui l’arte e anche Vacone sono marchiati a fuoco, proprio come intendeva Charles Baudelaire quando affermava che «la nostra originalità viene dalla stampigliatura che il tempo imprime sulle nostre sensazioni[2] ».
Maria Vittoria Pinotti
Info:
AA.VV, Vacunalia: il tempo scortese
a cura di Niccolò Giacomazzi e Benedetta Monti
03/09/2022 – 01/10/2022
vacunaliafestival
[1] Si veda Emiliano De Vito, La distruzione immobile, in Erwin Panofsky, Fritz Saxl, La «Melencolia I» di Dürer. Una ricerca storica sulle fonti e i tipi figurativi, Quodlibet, 2020, p. 291.
[2] Roberto Calasso, La Folie Baudelaire, Gli Adelphi, 2010, p. 38.
Yuxiang Wang, Vacava, 2022. Acqua, ferro, vetro, dimensione ambientale. Ph. Massimiliano Podestà, courtesy l’artista e Vacunalia
Pietro Moretti, Allo sbocco della conversazione, 2022. Acquerelli su carta Hanhnemuele 425 Gsm, cm 32 x 24 l’uno. Ph. Credit Massimiliano Podestà, Courtesy Vacunalia
Martina Cioffi, Dea Vacuna, 2022. Ceramica Raku, cm 30 x 30 x 42 l’uno. Ph. Massimiliano Podestà, courtesy l’artista e Vacunalia
Verdiana Bove, Chiesa d’oro, 2022. Olio su carta, cm 100 x 80 l’uno. Ph. Massimiliano Podestà, courtesy l’artista e Vacunalia
Maria Vittoria Pinotti (1986, San Benedetto del Tronto) è storica dell’arte, autrice e critica indipendente. Attualmente è coordinatrice dell’Archivio fotografico di Claudio Abate e Manager presso lo Studio di Elena Bellantoni. Dal 2016 al 2023 ha rivestito il ruolo di Gallery Manager in una galleria nel centro storico di Roma. Ha lavorato con uffici ministeriali, quali il Segretariato Generale del Ministero della Cultura e l’Archivio Centrale dello Stato. Attualmente collabora con riviste del settore culturale concentrandosi su approfondimenti tematici dedicati all’arte moderna e contemporanea.
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