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Arte, tecnologia e futuro: conversazione con Valentino Catricalà, curatore della nuova SODA Gallery di Manchester

Valentino Catricalà è il nuovo curatore della SODA Gallery di Manchester e lecturer della Manchester Metropolitan University. Lo studioso e critico d’arte contemporanea sarà il curatore della Gallery della neonata SODA – School of Digital Arts; un polo culturale dedicato al rapporto fra ricerca artistica e tecnologia digitale. La nuova Gallery aprirà le porte con l’intento di costituire un hub per l’arte, il design, la creazione e la produzione digitale, per veicolare idee e innovazione, attraverso forme diverse della creatività. Accanto al ricco programma didattico, un piano di ricerca all’avanguardia si svilupperà parallelamente, per affrontare le sfide più urgenti poste dai media e dalle tecnologie digitali.

DS: Come curatore, quale taglio o identità vorresti attribuire all’attività di questo nuovo centro di ricerca artistica?
VC: Stiamo andando verso un nuovo mondo. O, se non nuovo, per lo meno un mondo che subirà cambiamenti più o meno consistenti. Questa sarà una grande sfida per l’arte contemporanea e, quindi, per una nuova Gallery. Per questo stiamo strutturando un piano il più possibile innovativo che possa rispondere a questa sfida. Una Gallery che sia un luogo espositivo ma anche un centro dinamico di produzione, dove gli artisti possono incontrare altre competenze, un incubatore di nuove idee. Ancora più importante è, dunque, che la Gallery sia connessa con un nuovo progetto accademico-educativo, con laboratori, workshop, ecc. Oggi molti artisti lavorano in team con ingegneri, tecnici, scienziati, lavorano all’interno di dipartimenti scientifici e aziende, dando vita, in questo modo, a nuovi processi creativi e produttivi. Il ruolo di un’istituzione culturale, penso, non è più solo quello di proporre dei contenuti ma anche quello di generarne di nuovi, di attivare collaborazioni inedite, di orientare i processi creativi.

DS: La fondazione della SODA Gallery è frutto di un consistente sforzo economico. Credi che investire in cultura possa rappresentare una via per superare alcune difficoltà di questo presente storico?
VC: Venendo dal mondo della cultura, sicuramente penso che investire in cultura sia molto importante, soprattutto oggi. Il punto però non è solo quello di investire alla cieca solo perché si tratta di cultura. Oppure essere nel mondo della cultura e restare in attesa o nella speranza di ricevere fondi, e alla fine lamentarsi perché non arrivano. I modelli stanno cambiando e cambieranno ancora di più. Bisogna investire in situazioni che cercano veramente di proporre nuovi modelli e, dall’altra parte, essere proattivi nelle pratiche di networking, foundraising, progettazione. L’investimento in SODA è stato questo: i fondi sono arrivati perché hanno visto un progetto con un taglio nuovo, che poteva giocare un ruolo fondamentale nel mondo dell’arte ma anche in quello dell’innovazione, della tecnologia e della scienza.

DS: Invece, sperimentando le nuove tecnologie, quale ruolo possono rivestire gli artisti nell’affrontare problematiche aperte del nostro tempo?
VC: Una volta c’erano due campi, quello dell’arte contemporanea e quello delle cosiddette New Media Art (o media art, digital art, ecc.) Oggi questa distinzione non è così netta (come ho descritto nel libro Arte e tecnologia del terzo millennio, Electa, 2021, con Cesare Biasini Selvaggi). Gli artisti nati negli anni Ottanta o Novanta non hanno interesse in queste distinzioni, gli ambiti sfumano. Il punto, che rimane fermo, è il fatto che la tecnologia (digitale) è uno dei linguaggi principali della nostra epoca che sta influenzando, sia nella produzione e sia nella ricezione, il mondo dell’arte (e non solo, guardiamo alla situazione che stiamo vivendo e a quanto le nostre vite sono sempre più vicine ad apparati tecnologici). Oggi più che mai, dunque, c’è bisogno di una riflessione su questi temi, c’è bisogno di una ricerca che cerchi di capire queste distinzioni. Parlare di Digital Art oggi è diverso che parlarne venti anni fa, il nostro intento non è fare una selezione tra chi usa la tecnologia e chi no, il nostro intento è aprire le porte a chi vuole riflettere su questi temi attraverso gli strumenti che stanno veramente modificando la nostra epoca.

DS: Quali sono le prospettive offerte da questo incarico e dal nuovo contesto in cui opererai, in termini curatoriali e di ricerca disciplinare?
VC: Ho lavorato molti anni per istituzioni, nazionali e internazionali, e in modo indipendente. Lo stimolo era cambiare continuamente, poter attivare connessioni di tutti i tipi. Il problema è dover sempre combattere per i tuoi progetti. Quando non c’era quello che volevo, ero costretto a crearlo, come con il Media Art Festival (Museo MAXXI), con la Fondazione Mondo Digitale, o la sezione arte della Maker Faire-The European Edition. Molti non capivano perché mi andavo a infilare in contesti non consoni per il mondo dell’arte contemporanea, come il settore dell’innovazione. Per la SODA, invece, è stato proprio questo il plus, era quello che volevano, qualcuno che unisse ambiti diversi. Adesso la soddisfazione principale è quella di poter sviluppare molte ricerche e avere alle spalle una struttura che può aiutarti a sviluppare i progetti che desideri (entro certi limiti!). In questo settore la ricerca è fondamentale, non ci si può improvvisare, come spesso accade, purtroppo. È importante avere un team di persone fidate con cui lavorare che ti aiutano nelle ricerche e nell’ideazione dei progetti. Spero che SODA sarà tutto questo.

DS: Forse, ricevere una chiamata professionale di tale livello, in una fase tanto complessa della nostra epoca, costituisce una responsabilità ulteriore. Non credi?
VC: C’è molta ambizione dietro questo incarico, e quindi molta pressione. Non si può sbagliare, dato il finanziamento, non si possono fare passi falsi, è ciò che ho percepito sin dall’inizio. Questo ti spinge molto, ti carica, e, devo dire che, da questo punto di vista, sono stato fortunato: non è facile caricarsi in questo periodo ed essere spinti da qualcosa di forte come un nuovo progetto. Allo stesso tempo però è molto complesso. Non ho ancora visto nessuno dei miei colleghi, è tutto online. Dico sempre: una nuova città, in una nuova modalità lavorativa online, in una nuova Gallery ancora non costruita… l’essenza dell’astratto! Allo stesso tempo arrivo da un periodo di quasi un anno di smart working, dove risulta molto più normale lavorare in questo modo. Per quanto mi riguarda, la responsabilità la sento soprattutto nell’esigenza di intuire sin da ora quali saranno i veri cambiamenti del futuro, chiedermi, di cosa avrà bisogno il mondo, come posso aiutare, nel mio piccolo, a portare avanti nuovi contenuti. Non è facile e penso che lo capiremo strada facendo.

Info:

www.schoolofdigitalarts.mmu.ac.uk/

Valentino CatricalàFotoritratto di Valentino Catricalà

Ian Cheng, Emissary, 2017

Quayola, Promenade, 2018

Arcangelo Sassolino, Untitled, 2006

SODA Gallery, Manchester


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