“Cogito ergo sum” (Penso dunque sono) di cartesiana memoria, stabilisce quello che potremmo definire il primo passo verso l’affermazione di sé, ma la vita umana si situa anche nel processo di mediazione con le condizioni che ne segnano l’esistenza. La mostra, alla Galerija Mesta Ptuj (Prešernova ulica 29, Ptuj; tel +386 31 361 865), aperta dal 19 marzo al 5 maggio, propone opere e installazioni che comunicano il loro pensiero su quegli elementi perturbanti, marginali per alcuni e fondamentali per altri, definiscono i nodi ossessivi e insoluti di ogni singolo autore e, va sottolineato, di molti di noi che agiscono la vita in maniera critica. Nel titolo che dà nome all’evento – “Variazioni / Direzioni” – possiamo leggere sotto traccia, l’indagine rivolta all’interno di sé, un’introspezione caratterizzata da toni anche emotivi.
Nataša Kos, slovena, usa la fotografia per presentarci degli autoritratti, per così dire interiori, mostrando agli altri quello che dietro al velo rimane il nostro sentire, naturalmente invisibile, anche con sfocature o pose teatralizzate. Guardando attraverso l’obiettivo l’autrice vede cosa si nasconde dietro gli oggetti quotidiani, ma quello che le sue fotografie rivelano non è un qualcosa di tranquillizzante, perché sono una sottile metafora della solitudine e dell’isolamento umano.
Bagrat Arazyan, russo di origini armene, invece nelle sue installazioni ferma il momento di un sogno ispirato talvolta dal cinema, e talvolta dal proprio inconscio, in modo da creare un dialogo tra il proprio sé e il mondo esteriore, fino ad arrivare a una austerità espressiva, una austerità che si fa vuoto, bianco, silenzio, al di là di qualsiasi tecnica o stile usati. Tuttavia, il vero significato di ogni suo segno, di ogni sua forma è ciò che nel segno e nella forma non appare in modo esplicito, e cioè un canto alla vita e all’esistere quotidiano.
Opposta è la direzione di Sanja Ćopić, belgradese, che – nei video e nelle performance – esplora le nozioni di autenticità e compassione, mediate da uno schermo e una fotocamera, fino a creare una relazione intima, attraverso lo scatto fotografico, con lo sguardo di ogni singolo spettatore. L’autrice si riferisce allo sguardo come una condizione data, non artificiale, creando un’atmosfera voyeuristica che fa comunque percepire una vivacità della performance messa in scena, anche se lo spettatore sta guardando un video pre-registrato. In particolare, in “Crying”, il pianto, come una funzione corporale nascosta e universale della vita interiore di ognuno, viene portato allo spettatore in una dimensione quasi insopportabile di intensità e immediatezza.
Il lavoro di Lucia Flego è, invece, principalmente incentrato sull’essere umano non in quanto corpo ma in quanto essere senziente e pensante nelle eterogenee manifestazioni di un sé che si dilata e moltiplica fino a creare la macro espressione collettiva che prende sostanza perfino nell’architettura urbana. Spesso, infatti, nei lavori dell’autrice troviamo un percorso che di volta in volta si sviluppa partendo dall’anima o dallo spirito per descrivere come questo sentire si estrinseca. Partendo dall’abito l’autrice dà sostanza al contenuto e quindi alla dimensione personale (culturale e spirituale), tanto che nelle sue installazioni come “Angeli tra noi” e “Light dress” l’abito, come concetto astratto, prende il posto del corpo e nel contempo ne esprime la presenza.
Infine i lavori del pittore Giovanni Pulze, tele che rappresentano metropoli del mondo affollate da figure quasi senza volto, a significare isolamento e solitudine, una condizione resa ancora più stridente dall’animazione. I colori brillanti quasi fluo, preponderanti nella sua produzione evidenziano un ambiente dominato dalla tecnologia e dalla innaturale superficialità. Nel contempo la sua produzione acromatica che si sviluppa a partire dal nero in una gamma estesa di grigi ci presenta il declino della profondità interiore. La figura dell’angelo però, sempre parte centrale della narrazione, stimola una riflessione sull’imprevisto accadimento che può modificare il rapporto con il sé e la vita.
La mostra, a cura di Elisabetta Bacci, chiuderà il 5 maggio.
Variazioni / Direzioni
con opere di:
Bagrat Arazyan, Sanja Ćopić, Lucia R. Flego, Nataša Kos, Giovanni Pulze
a cura di Elisabetta Bacci
opening: martedì 19 mar 2019, h 19.00
Galerija Mesta Ptuj
Prešernova ulica 29, Ptuj
+386 31 361 865 | galerija@ptuj.si
Bagrat Arazyan “Construct 1” 2018, mixed media on canvas, 100 x 120 cm
Lucia R. Flego “Light dress” 2015, cm 50 x 37, cellulosa, pvc, resina epossidica atossica fluorescente, ph. Martina Puntin, courtesy Lux Art
Nataša Kos “Senza titolo”, dalla serie (ZA)BRISANI, 2017, stampa fotografica a colori su carta, cm 30 x 45, ph courtesy Galerija Murska Sobota
is a contemporary art magazine since 1980
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