READING

Venice Immersive: l’81esima Mostra Internazionale ...

Venice Immersive: l’81esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica si apre alla realtà estesa

In linea con l’esponenziale ingresso dell’XR – Extended Reality in pressoché tutti gli ambiti creativi e non solo, ancora una volta la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, giunta all’81esima edizione, dimostra il suo impegno nel mappare le istanze del nostro presente dedicando una sezione specifica ai media immersivi. La rassegna, nata nel 2017 come pionieristica competizione di opere in realtà virtuale nell’ambito di un festival cinematografico di portata mondiale, torna anche quest’anno nella suggestiva location dell’isola del Lazzaretto Vecchio (collegata al Lido da una navetta gratuita) con 63 progetti provenienti da 25 paesi, di cui 26 in concorso, tra i quali 19 sono prime assolute.

Gwenael François, “Oto’s planet”, 2024, 28 min., virtual reality (Lussemburgo, Canada, Francia)

Il programma ufficiale di Venice Immersive include tutti i mezzi di espressione creativa basati sulle nuove tecnologie: video 360°, opere XR, mondi virtuali, installazioni interattive e sensoriali. Oltre alle opere in concorso sarà possibile fruire di 30 progetti scelti tra i migliori lavori già distribuiti o presentati in altre manifestazioni dopo l’ultima edizione della Mostra, suddivisi nelle sezioni Best of ExperiencesBest of Worlds, comprensiva di 20 lavori creati da artisti indipendenti da tutto il mondo sulla piattaforma VRChat, e Biennale College Cinema – Immersive. Fino al 7 settembre 2024 tutti gli accreditati della Mostra avranno accesso, su prenotazione, all’intero palinsesto di esperienze e sarà, inoltre, disponibile uno speciale abbonamento, indipendente da quello della manifestazione principale, riservato alle persone maggiorenni interessate solo a quest’ambito.

Hayoun Kwon, “The guardians of Jade Mountain”, 18 min., installation, virtual reality (Francia, Taipei)

Nell’attesa che i tre premi in palio (Gran Premio Venice Immersive, Premio Speciale della Giuria e Premio per la Realizzazione) siano assegnati dalla Giuria internazionale composta da Celine Daemen (regista transdisciplinare), Marion Burger (production designer) e Adriaan Lokman (creatore di opere artistiche time-based, progetti lineari, lavori interattivi e intermediali), proponiamo qui qualche prima considerazione di carattere generale su questi media ancora in fase di sperimentazione e alcune segnalazioni di lavori particolarmente efficaci, tra quelli che siamo riusciti a esperire. Lampante è, anzitutto, l’imperativo al massimo coinvolgimento, che passa attraverso una sorta di trasposizione, tutta mentale ed emotiva, del corpo tangibile del fruitore nella dimensione virtuale, prospettata come ambiente alternativo totalizzante in cui il tempo e lo spazio appaiono infiniti.

Arif Khan, “Address Unknown: Fukushima Now”, 25 min., virtual reality (Giappone)

Se l’evocazione di tale percezione avviene tramite una smaterializzazione della fisicità reale dello spettatore propedeutica alla sua immersione nell’alterità digitale, essa persiste come problematicità cruciale nell’attrito tra la credibilità (talvolta davvero sorprendente) di quest’ultima e l’insopprimibile componente hardware dei dispositivi che ne permettono l’accesso. Essi, infatti, sono talvolta così delicati da perdere il corretto settaggio nel corso dell’esperienza rivelando bruscamente l’inganno e risultano in generale troppo percettibili per essere dimenticati da chi li indossa, senza contare che, nelle opere interattive, viene richiesta una disinvoltura di utilizzo forse non così scontata in chi non ha dimestichezza con il gaming. Viene quindi spontaneo chiedersi in quale ambito e con quali modalità sarà implementata la circolazione di questi lavori, posto che sarebbe auspicabile, dato l’investimento in termini estetici e le ambizioni intellettuali di cui sono espressione, non avvenisse in una sfera prevalentemente privata e individuale, aspetto che finirebbe per relegarli in posizione marginale, almeno a medio termine, nel dibattito sull’arte. Proprio perché vogliamo pensare che ne facciano già parte integrante, abbozziamo ora un rudimentale elenco di ricorrenze per provare a sistematizzarne la lettura. Dal punto di vista stilistico si notano tre principali orientamenti: il disegno animato tridimensionale (in cui prevalgono cieli stellati, paesaggi cosmici o distopici), il film 3D (dove l’impegno della regia si concentra nel mettere lo spettatore al centro della scena piuttosto che di fronte a essa) e l’astrazione digitale, in cui forme e colori autoreferenziali non tentano più di evocare alcuna analogia con elementi desunti dalla realtà visibile.

Zhuzmo, “All I know about Teacher Li”, 20 min., virtual reality (USA)

Tra le opere afferenti al primo gruppo, segnaliamo anzitutto “Oto’s planet” di Gwenael François, favola dolceamara in cui lo spettatore “pizzicando” con le dita le immagini da cui è circondato segue le vicende di un eremita dai tratti mediorientali e di un astronauta che si trovano a condividere un minuscolo pianeta. Se all’inizio si è tentati di associare il loro antagonismo a un’ingenua opposizione tra natura e tecnologia venata di allusioni geopolitiche suggerite dalle fattezze dei personaggi, il finale sconvolge le aspettative per aprirsi a una riflessione di stampo esistenziale sui destini dell’essere umano. Segue l’animazione in realtà virtuale “Mamie Lou” di Isabelle Andreani che, nonostante la grafica accattivante, responsabilizza lo spettatore in una meditazione, per nulla infantile, sulla cura e sul fine vita come soglia da attraversare dopo essersi riappacificati con i propri ricordi.

Chélanie Beaudin-Quintin, Caroline Laurin-Beaucage, “Une eau la nuit (Bodies of water)”, 10 min., virtual reality (Canada)

“The guardians of Jade Mountain” di Hayoun Kwon coinvolge il fruitore nell’esplorazione della Montagna di Giada di Taiwan a fianco dell’antropologo giapponese Ushinosuke Mori che agli inizi del ‘900 vi dedicò la propria vita. Qui il visitatore è invitato a muoversi in una foresta incantata popolata di presenze indigene, animali e vegetali attraversando uno spazio virtuale sempre cangiante. Unico neo: la presenza degli altri spettatori segnalati come colonne grigiastre di nebbia, una soluzione non del tutto convincente nonostante sia palese la complessità tecnica di una tale ambientazione. Molto interessante anche “Address Unknown: Fukushima Now” di Arif Khan, documentario in stile pittorico puntinista sulle vestigia della città giapponese resa inabitabile dall’esplosione nucleare e sulle problematiche etiche legate alla sua ricostruzione in un sito diverso.

François Vautier, “Champ de bataille”, 21 min., virtual reality (Francia, Belgio, Lussemburgo)

È invece trasversale a più piani stilistici una delle installazioni più originali, “All I know about Teacher Li” di Zhuzmo, screening interattivo che concettualizza con una grafica essenziale la circolazione delle informazioni nella rete internet per raccontare la cosiddetta “White paper protest” cinese del 2022 contro le restrizioni anti-Covid del governo.  Se da un lato l’opera ha il merito di contribuire alla circolazione altrimenti insabbiata di video documenti ripresi dai cittadini oppressi nelle loro libertà individuali dalle violente misure di prevenzione della pandemia, dall’altro, il fatto che la produzione sia americana, fa sorgere più di qualche sospetto propagandistico..

Martina Mahlknecht, Martin Prinoth, “Below deck”, 23 min., installation, virtual reality (Germania, Italia) sviluppato nell’ambito di Biennale College Cinema VR, settima edizione (2022/2023)

Si cambia del tutto registro con opere come “Une eau la nuit (Bodies of water)” di Chélanie Beaudin-Quintin e Caroline Laurin-Beaucage, “A simple silence” di Craig Quintero e “Champ de bataille” di François Vautier, che prefigurano alcuni possibili sviluppi del teatro e del cinema. I primi due lavori sono raffinatissime performance interpretate da attori in carne e ossa, il terzo un vero e proprio frammento di film storico: in tutti il baricentro della regia è il punto di vista dello spettatore, direttamente interpellato dagli sguardi dei personaggi che appaiono al suo cospetto in scala reale vanificando l’ideale intercapedine che separa la platea dalla scena.

Ben Joseph Andrews, Emma Roberts, “Turbulence: jamais vu”, 10 min., installation, virtual reality, (Australia)

Si spinge oltre nella sperimentazione “Below deck” di Martina Mahlknecht e Martin Prinoth, un progetto di film-ambiente sviluppato nell’ambito della settima edizione (2022/2023) di Biennale College Cinema VR. Qui il fruitore munito di visore, non più ancorato alla poltrona, circola liberamente tra due cortine teatrali, una reale e l’altra virtuale che, discostandosi, mostrano i retroscena delle attività di un gruppo di lavoratori filippini su una nave da crociera. Perfettamente riuscito qui l’intento di far sentire presente il visitatore-voyeur pur escludendolo dagli avvenimenti in scena e altrettanto ben calibrate l’ironia e l’inevitabile denuncia di sfruttamento.

Barry Gene Murphy, May Abdalla, “Impulse: playing with reality”, 35 min., installation, mixed reality (Regno Unito, Francia)

Concludiamo questa rassegna di lavori, a nostro avviso particolarmente meritevoli per il fatto di fondare il proprio senso su un’immersività a essi consustanziale e non ridotta, come in altri casi, a mero espediente di coinvolgimento fine a sé stesso, con due installazioni di mixed reality. “Turbulence: jamais vu” di Ben Joseph Andrews ed Emma Roberts sfida il fruitore a confrontarsi con un disturbo del movimento e dell’equilibrio, di cui soffre uno degli autori, che rende difficoltosi e stranianti anche i gesti più semplici, come manipolare oggetti quotidiani disposti su una scrivania. Cerca di ricreare una condizione di sofferenza, questa volta mentale e non sensoriale, anche “Impulse: playing with reality” di Barry Gene Murphy e May Abdalla, sofisticata installazione interattiva che indaga per via concettuale il sovraccarico di informazioni e input della realtà che nei soggetti più fragili sfocia in comportamenti estremi e autolesionistici.

Info:

www.labiennale.org/it/cinema/2024/venice-immersive


RELATED POST

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

By using this form you agree with the storage and handling of your data by this website.