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Vincenzo D’Argenio. Deflagrazione artist’s cut

Vincenzo D’Argenio. Deflagrazione artist’s cut

Il 6 agosto 2018 una cisterna carica di gas Gpl, dopo un tamponamento con un autotreno che trasportava solventi altamente infiammabili, esplode al km 4 del raccordo autostradale A1-14 in prossimità di Borgo Panigale a Bologna. Scoppia un incendio con fiamme altissime e otto minuti dopo il fuoco provoca un’esplosione incontrollabile: crolla il viadotto, le abitazioni e attività commerciali circostanti subiscono danni per milioni di euro e il bilancio finale ammonta a due morti e 145 feriti. Lo stesso giorno tra Vincenzo D’Argenio e la sua attuale compagna C., seduti su un plaid con disegni floreali all’ombra di un acero nel Parco dei 300 Scalini sui colli bolognesi, scatta il primo bacio. Subito dopo questa intensa deflagrazione sentimentale, anch’essa gravida di conseguenze (positive) per il loro futuro, sentono il boato generato dallo scoppio dell’autocisterna e vedono dall’alto il fumo e le fiamme dell’incendio.

La scioccante compresenza dei due eventi di segno opposto è all’origine della mostra Deflagrazione artist’s cut, visitabile fino al 20 agosto nella sede di Museo Spazio Pubblico, centro di ricerca dedicato all’approccio collaborativo e transdisciplinare alla pratica dello spazio pubblico tra arte, architettura e tecnologia, recentemente fondato a Bologna da City Space Architecture e Genius Saeculi con la direzione artistica di Luisa Bravo. Il progetto è la seconda tappa di un lavoro che, dopo una lunga genesi, era approdato nel settembre 2020 nei locali sotterranei di Senape Vivaio Urbano, ma che era stato visibile soltanto per una sera perché la notte successiva all’inaugurazione un violento temporale aveva provocato l’allagamento dello spazio espositivo e la parziale distruzione delle opere in mostra. In questo nuovo allestimento l’artista ha ripristinato i lavori danneggiati ancora recuperabili e ha arricchito la mostra con altri elementi che individuano ulteriori frammenti della narrazione originale e includono nel flusso narrativo anche la surreale vicenda della sua prima presentazione.

Vincenzo D’Argenio lavora sulla memoria attraverso un approccio narrativo radicato nella minuziosa ricerca dei dettagli e nella volontà di ritrovare l’essenza delle storie che sceglie di indagare con la sua pratica nella rilevazione e rielaborazione delle loro tracce materiali. L’artista ritorna anche a distanza di tempo nei luoghi dove avvengono i fatti, scoprendo ogni volta la possibilità di nuove sovrapposizioni semantiche e di nuove dinamiche. Procedendo per frammenti, ricostruisce e amplifica il ricordo facendolo esplodere in una sorta di presente continuo che si oppone alla sua naturale obsolescenza e lo trasforma in una mappa di oggetti che, ipotizzando invisibili collegamenti tra eventi tra loro irrelati, mettono in discussione l’apparente dicotomia tra esperienza individuale e collettiva. Anche questo progetto, che riporta il suo vissuto personale in relazione all’evento di cronaca, si configura come un ecosistema essenziale che suggerisce una visione degli eventi come luoghi deputati, la cui misteriosa intersezione assume la valenza di una costellazione simbolica universale e intima al tempo stesso.

Il cuore della mostra è una ricostruzione ambientale-concettuale: all’ingresso troviamo una replica fotografica in scala 1:1 del telo a fiori su cui C. e V. si trovavano al momento dell’esplosione, realizzata tramite la scannerizzazione digitale dell’originale e la sua ricomposizione visiva in un mosaico di stampe su carte fine art. Quest’elemento reale trasformato in composizione fotografica, che nell’allestimento torna ad avere una valenza oggettuale e scultorea, vive in simbiosi con la moquette-erba già presente nello spazio espositivo e con una registrazione su vinile dei suoni che formano l’identità sonora del Parco dei 300 Scalini riprodotta da un giradischi, dispositivo retrò che sembra sottolineare con delicata ironia il romanticismo dei due innamorati. Il terzo indizio che completa la scena è una scultura creata aggiungendo due foglie trasparenti in resina liquida stampate in 3D a un ramo prelevato dall’acero nel Parco dei 300 Scalini, che è stato risarcito della ferita (e trasformato in opera in progress) tramite inserti di foglia oro applicati dall’artista. La tragedia dell’esplosione è invece concretizzata da una proiezione di video documentari inediti registrati sul luogo dell’incidente da passanti e soccorritori all’interno di un display di pannocchie di miglio (in latino Panicum miliaceum) essiccate, coltivazione un tempo così diffusa a Borgo Panigale da determinarne la toponomastica. La contemporaneità tra i due eventi ricreati è enfatizzata, oltre che dalla loro compresenza spaziale, anche dal sovrapporsi delle due tracce sonore, in cui il canto delle cicale dei colli viene a tratti sopraffatto dall’urlo delle sirene della polizia e dei mezzi di soccorso stradale.

Rispetto alla prima presentazione del progetto, a Museo Spazio Pubblico Vincenzo D’Argenio aggiunge una parete di studio che esplicita gli indizi da cui è partita la sua indagine, dove accosta foto documentarie dei danni provocati dall’esplosione, calchi della texture della corteccia dell’albero e del battistrada del luogo dell’incidente, copie delle prime pagine delle principali testate giornalistiche italiane uscite il giorno successivo all’evento e due piastre intagliate in positivo e in negativo che riproducono la mappa di Bologna. Una sezione-erbario riunisce un campione di polvere di resina prelevata dall’acero, una riproduzione della sua targhetta identificativa con il suo numero di censimento, la stampa di uno scambio di mail con l’ufficio del settore ambiente e verde urbano del Comune di Bologna per chiedere informazioni sulla sua storia e una serie di fotografie in bianco e nero scattate in varie stagioni e ore del giorno che documentano la continuità delle visite dell’artista all’albero. Proprio in occasione di uno di questi “ritorni”, Vincenzo D’Argenio chiede a un bambino incontrato nel parco di disegnare l’acero e la proiezione ingrandita a parete dello schizzo infantile compare in mostra come ulteriore intreccio di vite ed esperienze.

Il percorso espositivo si conclude con una video documentazione dell’allagamento della prima presentazione del progetto a Senape Vivaio Urbano e con la presenza di alcune copie del libro fotografico realizzato per quell’occasione che riuniva i materiali ora “esplosi” a parete sotto forma oggetti-documento. I libri, sommersi dall’acqua per tutta la notte, appaiono ora deformati, sigillati e de-funzionalizzati per sempre e vengono presentati anch’essi come reperti, consultabili solo in formato digitale tramite un QR code protetto da password. Anche questa mostra è associata a un prodotto editoriale artigianale offerto ai visitatori: una busta siglata con un timbrino a foglia di acero che contiene una lettera manoscritta di C. a Vincenzo e un testo critico di Emilia Angelucci, ultima visitatrice della mostra naufragata, che è stata coinvolta nella sua rinascita a conferma di quanto l’interesse dell’artista per le stratificazioni di memoria si traduca in un libero elogio delle coincidenze e dei ritorni in cui micro e macro eventi si intersecano senza essere subordinati ad alcuna gerarchia.

Info:

Vincenzo D’Argenio. Deflagrazione artist’s cut
con testi di C. e di Emilia Angelucci
29.07.2021 – 20.08.2021
Museo Spazio Pubblico
via Eugenio Curiel 13/d, Bologna

Per tutte le immagini: Vincenzo D’Argenio. Deflagrazione artist’s cut, installation view a Museo Spazio Pubblico, Bologna, courtesy dell’Artista


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