La realtà è inquieta e assume forma visibile come frammentaria emanazione dei nostri sommovimenti interiori che si infrangono e si rispecchiano nell’ambiente circostante: sin dagli esordi Wainer Vaccari (Modena, 1949) stravolge la presunta oggettività della pittura figurativa per dare corpo e sostanza cromatica alle oscure percezioni che si annidano appena sotto la pelle del mondo. Il suo lavoro ripercorre e amalgama suggestioni e atmosfere provenienti dalle principali correnti che storicamente esplorarono le possibilità del “realismo irreale”, come certi esiti della pittura nordica (Füssli, Bocklin, Vön Stuck), il Surrealismo e la Nuova Oggettività Tedesca, per riattualizzarne le intuizioni in chiave contemporanea. Se da un lato infatti la pittura di Vaccari eredita una vasta gamma di raffinatezze tecniche ed espressive dalla visionaria tradizione che lo precede e, più in generale, la lezione dei maestri che nei secoli scorsi seppero coniugare felicità pittorica e sprezzatura, dall’altro i soggetti dei suoi quadri riflettono miti e ossessioni del nostro presente calandoli in una raccolta dimensione provinciale, materializzata da riconoscibili scorci della sua città natale.
La mostra attualmente in corso alla Galleria Emilio Mazzoli, dove nel 1982 l’artista tenne la prima personale che lo proiettò sulla scena internazionale, presenta una serie di lavori recenti che coniugano le enigmatiche situazioni che contraddistinguevano i suoi dipinti negli anni ’80 e ’90 con un’esecuzione pittorica vibrante in cui nugoli di pennellate esplose si addensano nel campo visivo come se volessero assecondare l’irrequietudine molecolare della materia che raffigurano. I soggetti ritratti da Vaccari sono misteriose donne incappucciate che camminano in strada su tacchi altissimi incuranti delle vesti che si scostano scoprendone in parte le nudità, uomini dalla forte struttura fisica che allungano le loro membra in esercizi fisici apparentemente senza senso o creature mitologiche che, come la sirenetta Lorelei seduta sul cornicione di un palazzo, contemplano un mondo a cui forse non sentono più di appartenere. I personaggi e le ambientazioni, a prima vista tanto plausibili quanto stranianti, a uno sguardo più approfondito appaiono costituiti dalla stessa movimentata materia pittorica, che sconfina senza soluzione di continuità da un’entità all’altra rivelandone la sostanziale indifferenziazione.
La pittura di Vaccari si finge realistica per cogliere quella zona liminale della coscienza in cui la memoria si fonde con la fantasia per trasfigurare i dati registrati dalla presa diretta in una visione instabile che mette in dubbio qualsiasi pretesa di obiettività. Profondamente suggestionato dal Principio di Indeterminazione teorizzato da Heisenberg, secondo il quale la realtà è il risultato del frenetico e imprevedibile movimento di miliardi di particelle incommensurabilmente piccole, l’artista fa convergere nell’immagine la vitalità psichica, biologica ed energetica dei suoi soggetti ammantandola con un velo di calma apparente. Gli scorci urbani deserti in cui si muovono le sue creature, drammaticamente attraversati da fasci di luce diagonali di cui non riusciamo a individuare la fonte, sono il teatro di una narrazione che ingigantisce i più remoti sussurri della mente rivelandone la concreta efficacia. Come sottolinea il testo critico di Flavio Arensi che accompagna la mostra “la visione non esiste nel senso tradizionale del termine ma solo come suo racconto o memoria descrittiva: la realtà è determinata da un atto di osservazione poiché sussiste solo in tale frangente; la realtà è come un’ombra, e l’ombra è l’unica cosa reale”.
In questo senso le creature allucinate dipinte da Vaccari non sono capricciose invenzioni partorite dal sonno della ragione ma presenze che si annidano nelle invisibili interconnessioni atomiche della nostra esistenza con le quali è inevitabile dover fare i conti e la pittura diventa il terreno di confronto più immediato e autentico con queste istanze a rischio di rimozione. Solo le proprietà mimetiche e analogiche della pittura figurativa infatti riescono a sovvertire gli ordini di grandezza delle apparenze consolidate e le normali logiche con cui interpretiamo ciò che vediamo per rendere immanenti le incontrollabili energie psichiche e animali che determinano le nostre percezioni più intime e devianti. Così il paesaggio urbano, realistico ma anche generico nel suo presentarsi sempre come dettaglio enfatizzato che diventa micro mondo, funziona come unità di misura degli attanti che operano al suo interno e come pretesto, ostacolo o strumento delle loro azioni. A questo modo i cornicioni e gli spigoli della Ghirlandina ospitano i girotondi e le arrampicate dei grotteschi lottatori accovacciati in fila indiana che sin dagli anni ’80 popolano i quadri di Vaccari; gli stessi omini si aggirano guardinghi su un marciapiede fronteggiando un minaccioso porcellino d’India, mentre una parete diventa varco inspiegabilmente liquido e ogni incrocio nasconde agguati o enigmi soprannaturali. In queste composizioni il gusto per la torsione e il dispiegamento di tutte le possibilità elastiche del corpo umano, ispirata ai virtuosismi del manierismo Cinquecentesco, si fonde con la simultanea condensazione e dissoluzione del continuum visivo che rimedita la lezione post-impressionista alla luce delle nuove intuizioni suggerite dall’immagine digitale. “Siamo fatti anche noi della materia di cui son fatti i sogni; e nello spazio e nel tempo d’un sogno è racchiusa la nostra breve vita”, ammoniva Prospero ne La Tempesta di Shakespeare interrogandosi sulle contraddizioni insite nell’esistenza dell’uomo e tale avvertimento sembra spiegare anche il senso ultimo della rappresentazione nei dipinti di Vaccari e il loro affascinante amalgama di introspezione e mimesi.
Wainer Vaccari. Visioni Diverse.
6 maggio – 30 giugno 2017
Galleria Mazzoli
Via Nazario Sauro, 62 Modena
Wainer Vaccari, Sono soli loro!, 2017, olio su tela
Wainer Vaccari, La signora Gödel, 2017, olio su tela
Wainer Vaccari, Via Torre, 2016, olio su tela
Wainer Vaccari, Diagonale singolare, 2016, olio su tela
Laureata in storia dell’arte al DAMS di Bologna, città dove ha continuato a vivere e lavorare, si specializza a Siena con Enrico Crispolti. Curiosa e attenta al divenire della contemporaneità, crede nel potere dell’arte di rendere più interessante la vita e ama esplorarne le ultime tendenze attraverso il dialogo con artisti, curatori e galleristi. Considera la scrittura una forma di ragionamento e analisi che ricostruisce il collegamento tra il percorso creativo dell’artista e il contesto che lo circonda.
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