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Werner Bischof al MASI di Lugano

Werner Bischof al MASI di Lugano

Werner Bischof è nato nel 1916, a Zurigo. Dal padre (fotografo dilettante) ebbe modo di apprendere i primi rudimenti della fotografia, tanto da appassionarsi a questa modalità espressiva e iscriversi, nel 1932, alla Scuola di arti applicate di Zurigo dove approfondì i fondamenti di questa tecnica seguendo il corso di fotografia tenuto da Hans Finsler, professore che faceva capo alle teorie innovative del Bauhaus, dal momento che partecipò (come pioniere della “nuova fotografia”, insieme a László Moholy-Nagy e Albert Renger-Patzsch) alla mostra Film und Foto organizzata dal Werkbund tedesco e presentata nel 1929 anche a Zurigo. Da studente Bischof apprende non solo l’uso professionale dello strumento, ma esperisce anche gli aspetti formali del linguaggio, come il rispetto per il dettaglio, la cura dei particolari, l’amore per la composizione e l’inquadratura, lo studio della posa. In definitiva comprende fin da subito che disporre del mondo per rappresentarlo significa metterlo in ordine, cioè formalizzarlo in maniera bidimensionale, con occhio critico e inesorabile.

Werner Bischof, Modella con rosa, Zurigo Svizzera, 1939. Stampa a getto d’inchiostro da ricostruzione digitale, 2022, © Werner Bischof Estate / Magnum Photos, courtesy MASI Lugano

Nel 1936 Bischof apre a Zurigo lo studio “Fotografik”, lavorando nel contempo per l’agenzia Amstutz & Herdeg. Poi collabora con il mensile “Du” e con la fine della Seconda Guerra Mondiale realizza reportage fotografici in Germania, Francia, Lussemburgo, Belgio, Olanda. Nel 1946 viaggia in Germania, Italia e Grecia e pubblica il portfolio “24 Photos”. Poi, nel biennio 1947/48, continua il suo “diario di viaggio” sul dopoguerra in Europa, attraversando l’Ungheria, la Romania, la Cecoslovacchia, la Polonia, la Finlandia, la Norvegia. In questo modo diviene un testimone della storia, catturando immagini che rimangono come icone indelebili. In massima parte si tratta di scatti in bianco e nero che si soffermano sui tentativi di avviare la ricostruzione di un mondo distrutto da anni di guerra rovinosa e crudele. Nel 1949 diventa membro di Magnum Photos (una delle più importanti agenzie fotografiche del mondo e che era stata fondata solo due anni prima da Henri Cartier-Bresson, Robert Capa, Maria Eisner, George Rodger, David Seymour, William Vandivert) e inizia a pubblicare per “Picture Post”, “Illustrated”, “Observer”, “Life”, “Epoca”.

Werner Bischof, Studio, Zurigo, Svizzera, 1943. Stampa a getto d’inchiostro da ricostruzione digitale, 2022, © Werner Bischof Estate / Magnum Photos, courtesy MASI Lugano

Da questo momento la sua attività diventa frenetica, sempre in giro per il mondo, in prima linea, a produrre reportage e immagini di grande effetto, toccando i temi della fame, della povertà, della guerra. A causa del suo lavoro, mentre era in viaggio per realizzare un reportage sul Sud America, il 16 maggio del 1954, all’età di 38 anni, muore in un incidente di volo, precipitando in un burrone delle Ande peruviane. E pur non sapendo se l’incidente sia da attribuire a un improvviso vuoto d’aria o a un velivolo malsicuro o a un conducente un po’ troppo spericolato, certo è che una carriera fu stroncata all’apice della sua fama.

Werner Bischof, Orchidee (studio), Zurigo, Svizzera, 1943. Stampa a getto d’inchiostro da ricostruzione digitale, 2022, © Werner Bischof Estate / Magnum Photos, courtesy MASI Lugano

Ora il MASI Lugano rende omaggio a questo maestro della fotografia del Novecento con una mostra di opere inedite composta da cento stampe digitali a colori, tratte da negativi originali, restaurati per l’occasione, attuando un percorso che esplora in maniera completa l’opera a colori di questo fotografo svizzero. Infatti, Bischof, conosciuto soprattutto per i suoi reportage realizzati in bianco e nero (che gli venivano commissionati dalle grandi testate giornalistiche dell’epoca), rivela in queste immagini un lato insospettato e poco noto della sua produzione. In un momento storico in cui il reportage a colori non godeva di grande considerazione (visto che negli anni Cinquanta imperava la scarsa qualità delle selezioni quadricromatiche oltre alla lentezza di rielaborazione di ogni singola immagine a cui corrispondeva un evidente costo tecnico della stampa a colori), emerge come Bischof avesse invece colto le potenzialità espressive della pellicola a colori, rendendola parte fondamentale del suo processo creativo. Per inciso si ricorda che il primo rullino a colori fu testato nel gennaio del 1936, durante i giochi olimpici di Berlino. Il prototipo “Agfacolor-Neu-Film” fu poi presentato qualche mese dopo come una pellicola diapositiva a colori per luce diurna e a passo ridotto.

Werner Bischof, Essicazione del grano, Castel di Sangro, Italia, 1946. Stampa a getto d’inchiostro da ricostruzione digitale, 2022, © Werner Bischof Estate / Magnum Photos, courtesy MASI Lugano

Inoltre, è utile sottolineare che sebbene brevi filmati muti, anche colorati a mano (come “Viaggio nella Luna”, 1902, scritto, prodotto, montato, musicato e diretto da Georges Méliès) appartengano agli albori del cinema, il primo lungometraggio girato in Technicolor è il kolossal “Via col vento”, del 1939. E questo per comprendere il lento sviluppo di una tecnica incentrata sullo sviluppo di una pellicola a colori che ha faticato non poco per potersi affermare.

Werner Bischof, Il Reichstag, Berlino, Germania, 1946. Stampa a getto d’inchiostro da ricostruzione digitale, 2022, © Werner Bischof Estate / Magnum Photos, courtesy MASI Lugano

Il percorso espositivo, al MASI, si propone come un viaggio cronologico attraverso i mondi visitati e vissuti da Bischof e copre l’arco della sua intera carriera, in un insieme di scatti realizzati con l’utilizzo di tre diverse macchine fotografiche: una Devin Tri-Color, di formato ingombrante e che utilizzava il sistema della tricromia, ma che garantiva una resa del colore di alta qualità, una Rolleiflex biottica 6×6, che obbligava a un’inquadratura quadrata, e un’agile Leica di formato tascabile che agevolava gli scatti rapidi e in sequenza. In qualche modo, rispetto a questa sequenza di immagini, possiamo parlare di un percorso intimo e meno plateale, sebbene non manchino, anche in molte di queste immagini, gli spunti sociali della fotografia documentaria. La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Scheidegger & Spiess / Edizioni Casagrande, con testi di Tobia Bezzola, Clara Bouveresse, Luc Debraine, Peter Pfrunder.

Fabio Fabris

Info:

Werner Bischof, Unseen Colour
12/02/2023 – 02/07/2023
MASI Lugano
https://www.masilugano.ch/

sedi espositive:

LAC
p.za B.Luini 6
6900 Lugano

Palazzo Reali
via Canova 10
6900 Lugano


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