William Kentridge (artista sudafricano nato nel 1955 a Johannesburg da una famiglia di avvocati di origine ebraica) è una celebrità riconosciuta a livello mondiale. E non contano le mostre al MoMa, alla Whitechapel, a Documenta, alla Biennale di Venezia, basterebbe il murale di 550 metri realizzato a Roma sotto la sua guida (tra Ponte Sisto e Ponte Mazzini, riva Trastevere, in un ipotetico bordo di confine tra il quartiere ebraico e quello cattolico) per iscriverlo negli annali della storia dell’arte. L’opera, realizzata nel 2016, s’intitola Triumphs and Laments ed è stata realizzata graffiando la superficie, cioè facendo emergere le figure dallo sporco dell’inquinamento e dalla polvere depositata sui muraglioni del Tevere. Come dire, all’idea, ai soggetti, alle figure rappresentate, ai nodi storici illustrati (che sempre sottendono denunce o rinviano a problemi della società contemporanea) l’autore ha legato un processo tecnico di grandissima intuizione espressiva e molto in linea con la sua caratteristica “maniera nera”.
Ora, l’autore approda nella regione Friuli Venezia Giulia, con una mostra monografica che si colloca all’interno del “Piccolo festival dell’animazione” e grazie a molte collaborazioni e sostegni. Innanzitutto la galleria Lia Rumma che rappresenta il lavoro dell’artista, poi Moroso Divani che ha concesso lo spazio espositivo, a seguire: Accademia di Belle Arti di Venezia, Accademia Tiepolo di Udine, Visionario Centro per le Arti Visive, CEC Udine, Cinemazero Pordenone, La Cappella Underground, Kinemax, Comune di San Vito al Tagliamento, Comune di Muggia, Comune di Staranzano, DobiaLab, Trieste Contemporanea. L’organizzazione è dell’Associazione Viva Comix e l’evento, curato da Paola Bristot e Andrijana Ružić, ha ricevuto il contributo da parte delle seguenti istituzioni: Ministero del Cinema MIC, Regione Friuli Venezia Giulia, Promo Turismo FVG.
Dodici saranno i film proiettati: “Discourse on a chair” 1975, 1’ 2’’; “Monument” 1990, 3’ 11’’; “Mine” 1991, 5’ 50’’; “Felix in Exile” 1994, 8’ 43’’; “Ubu Tells the Truth” 1997, 8’; “Breathe, Dissolve, Return” 2008, cadauno 6’ 17’’; “Other Faces” 2011, 11’ 10’’; “Sonnets” 2012, 3’ 38’’; “Second-Hand Reading” 2013, 7’; “Self-Dictionary” 2016, 2’ 44’’; “Waiting for the Sybil” 2019, 9’ 59’’; “City Deep” 2020, 9’ 41’’.
Le pellicole in elenco confermano come Kentridge abbia fin dall’inizio della sua prolifica attività messo in rilievo le qualità narrative delle sue opere. Opere realizzate con la tecnica del carboncino e delle cancellature e ripassi che danno alle immagini una notevole densità grafica, adatta ai temi affrontati che toccano problematiche sociali e più recentemente anche ambientali. Tutti questi film sono disegnati a carboncino su un solo foglio di carta, davanti a una telecamera Bolex, basandosi sull’improvvisazione piuttosto che sullo storyboard che di solito guida il processo di animazione. Kentridge afferma che la tecnica del carboncino “cambia il disegno alla velocità del pensiero” e quindi tracce di disegni precedenti sono presenti nelle fasi successive, mentre l’uso di un montaggio frammentato e dinamico, i tagli improvvisi, le reinterpretazioni retrospettive, i flashback e la musica rende unica l’opera animata e può “essere una dimostrazione di come progettiamo il mondo, non una lezione su cosa significa il mondo”. Gran parte dell’operato di questo genio creativo nasce dalla sua ossessione per i crimini orribili commessi dalla minoranza bianca contro la popolazione nera durante l’apartheid (abolita nel 1994), mentre allo stesso tempo porta a un percorso di speranza e di riconciliazione. Ecco perché questi filmati sono spesso pensierosi, o inducono alla tristezza o ci fanno toccare con mano la fragilità delle relazioni umane.
Molto interessanti anche i film realizzati a partire dalle pagine dei libri che si sfogliano e scorrono come fotogrammi in sequenze vivaci e icastiche, da cui è possibile estrapolare alcune frasi emblematiche che stigmatizzano il senso della scelta del libro come fonte ispiratrice. Oltre alle parole è anche il segno a scaturire e ad affermarsi in immagini potenti e simboliche, con forme geometriche, danzatrici e sibille, e una natura sempre più prepotente concretizzata da foglie, alberi, uccelli, corvi in volo. Un anelito questo alla libertà e un monito contro la prepotenza dell’uomo sull’uomo o dell’uomo nei confronti della natura. Il monito sembra essere questo: non c’è salvezza in un mondo martoriato e in cui i diritti fondamentali dell’umanità non vengono salvaguardati. Nei filmati la caratteristica dell’impatto emotivo che guida il gesto dell’artista è amplificata e ritmata dalla scelta musicale sempre azzeccata e giusto contrappunto che guida occhio, orecchio e cuore dell’osservatore. Un binomio che già il grande regista Sergej Michajlovič Ėjzenštejn aveva compreso molto bene. Tra i documenti rari presenti in mostra, troviamo anche un video in cui William Kentridge ci dà un saggio della sua abilità nella ricerca scultorea, dove le forme in movimento sono dei saggi di anamorfosi.
Fabio Fabris
Info
William Kentridge, Waiting for Kentridge
Videoanimazioni 1975-2020
nell’ambito del Piccolo Festival Animazione
a cura di Paola Bristot e Andrijana Ružić
19/11 – 10/12/2021
MOROSO FACTORY
via Nazionale 85, Tavagnacco UD
info@vivacomix.net
#waitingforkentridge
William Kentridge, still dal film Discourse on a Chair, 1975, 1’ 2’’, ph courtesy Studio Kentridge
William Kentridge, still dal film Monument, 1990, 3’ 11’’, ph courtesy Studio Kentridge
William Kentridge, still dal film Mine, 1991, 5’ 50’’, ph courtesy Studio Kentridge
William Kentridge, still dal film Felix in Exile, 1994, 8’ 43’’, ph courtesy Studio Kentridge
is a contemporary art magazine since 1980
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