A Venezia (Arsenale e Giardini), dal 20 aprile al 24 novembre 2024 (pre-apertura 17, 18, 19 aprile), si svolgerà la Biennale Arte 2024, 60. Esposizione Internazionale d’arte. Il progetto della mostra internazionale sarà firmato da Adriano Perosa e avrà come titolo tematico Stranieri Ovunque – Foreigners Everywhere.
Il titolo è tratto da una serie di lavori realizzati a partire dal 2004 dal collettivo Claire Fontaine, nato a Parigi e con sede a Palermo. Questi lavori che hanno ispirato il tema della Biennale 2024 consistono in sculture al neon di vari colori che riportano in diverse lingue le parole “Stranieri Ovunque”. L’espressione è stata a sua volta presa dal nome di un omonimo collettivo torinese che nei primi anni Duemila combatteva il razzismo e la xenofobia in Italia. In questo cono di luce, ecco le parole di Adriano Pedrosa che ne sintetizzano il pensiero: “La Biennale Arte 2024 parlerà di artisti che sono essi stessi stranieri, immigrati, espatriati, diasporici, émigrés, esiliati e rifugiati, in particolare di coloro che si sono spostati tra il Sud e il Nord del mondo. La figura dello straniero sarà associata a quella dell’estraneo, dello stranger, dell’estranho, dell’étranger, pertanto la Mostra si svilupperà e si concentrerà sulle opere di ulteriori soggetti connessi: l’artista queer, che si muove all’interno di diverse sessualità e generi ed è spesso perseguitato o messo al bando; l’artista outsider, che si trova ai margini del mondo dell’arte, proprio come l’autodidatta o il cosiddetto artista folk; e l’artista indigeno, spesso trattato come uno straniero nella propria terra. La produzione di tali artisti sarà il fulcro della Biennale Arte e costituirà il Nucleo Contemporaneo dell’Esposizione. (…) La Mostra presenterà anche un Nucleo Storico composto da opere del XX secolo provenienti dall’America Latina, dall’Africa, dall’Asia e dal mondo arabo. (…) Inoltre, una sezione speciale del Nucleo Storico sarà dedicata alla diaspora degli artisti italiani nel mondo nel corso del XX secolo. A quegli italiani che hanno viaggiato e si sono trasferiti all’estero costruendo le loro vite e carriere professionali in Africa, Asia, America Latina, così come nel resto d’Europa, integrandosi e radicandosi con le culture locali che spesso hanno svolto un ruolo significativo nello sviluppo delle narrazioni del Modernismo al di fuori dell’Italia”.
Ora, tutti gli abitanti di Taiwan sono in buona sostanza dei profughi visto che sono gli eredi di coloro che fuggirono dalla Cina continentale, dopo alcuni anni di guerra civile e a seguito della sconfitta del Kuomintang. Sull’isola di Taiwan questi fuggiaschi trovarono un rifugio e una separazione definitiva dalla madre patria e mai come per questa edizione della Biennale questo paese risponde perfettamente al tema guida. Ora queste due realtà (Repubblica Popolare Cinese e Repubblica di Cina o Taiwan) si disconoscono reciprocamente, eppure a livello di Nazioni Unite solo alla prima è assegnato un seggio, peraltro con diritto di veto (gli altri paesi con diritto di veto sono: Usa, Russia, Francia e Gran Bretagna). Ora Taiwan è al centro di una lotta geopolitica che vede un blocco di paesi (in primis gli Usa, in secundis il subcontinente indiano) che cerca di contenere l’espansionismo/imperialismo cinese (militare ed economico) visto come un pericolo e un attentato agli equilibri nel mondo.
Taiwan, piccola realtà a livello geografico, di circa 24milioni di abitanti, ma una vera potenza a livello economico, da anni partecipa alla Biennale di Venezia, in modo da usare anche il messaggio culturale come leva del suo sentirsi parte del mondo occidentale e dei sistemi politici che vedono negli alti e bassi della democrazia una chiave di governo della società. Partecipare significa dichiarare anche il diritto di esistere, e la partecipazione di Taiwan assume anche un valore etico, un senso di affermazione e un diritto all’autonomia. Ecco perché ogni sua proposta estetica è da leggersi anche nell’ottica di una dichiarazione che segna una netta separazione dalla Cina continentale e nella (giusta) pretesa di essere una realtà (politica, economica e culturale) riconosciuta dal mondo intero. Ora, il Taipei Fine Arts Museum (TFAM, il museo che seleziona le proposte ufficiali per la Biennale) ha annunciato che Yuan Goang-Ming rappresenterà Taiwan, a Venezia, nel 2024. La mostra sarà curata da Abby Chen. Yuan Goang-Ming (nato nel 1965) è un pioniere della video arte a Taiwan ed è uno dei principali artisti taiwanesi attivi nel circolo internazionale della media art. Attualmente ricopre un posto come assistente professore e presidente del dipartimento di new media art della Taipei National University of Arts. Combinando metafore simboliche con i media tecnologici, il suo lavoro esprime lo stato dell’esistenza contemporanea ed esplora la mente e la coscienza umana. Il suo linguaggio visivo, raffinato e poetico, è intessuto di metafore che rinviano non solo alla quotidianità dell’esistenza del popolo taiwanese, ma trascende il recinto del proprio paese per rivolgersi a una universalità di intenti e sentimenti.
Già nel 1998, con The Reason for Insomnia, ha ricevuto il premio della giuria del 1° Digital Art Festival e questo video segna l’inizio di una carriera molto proficua. Un altro lavoro che mette in evidenza un approccio tecnico più complesso è il video multicanale Disappearing Landscape del 2007, nel quale l’immagine in movimento proponeva un approccio microbiografico, permettendo al pubblico di immedesimarsi e di ritrovare dietro ogni singolo passaggio i disagi che si incontrano nel vivere la quotidianità, le ansie e le apprensioni che scaturiscono dalla nostra modernità. In ogni caso non mancano i riferimenti agli aspetti della politica contemporanea, in particolare gli striscioni con le scritte “FREEDOM” e “FREE TAIWAN” che compaiono nel video The 561st Hour of Occupation, del 2014, non possono dare adito a dubbi: è un grido di dolore e una precisa dichiarazione di intenti. Infine, nei suoi lavori più recenti, come Towards Darkness e Towards Lightness, l’ambiente immersivo, non solo coinvolge il visitatore e lo spinge verso una emotività partecipata, ma lo conduce pure a riflettere sulla percezione e sulla natura esistenziale delle immagini.
Il suo progetto per la Biennale del 2024 si concentrerà su questi temi: “politica della cartografia”, “le guerre nella vita quotidiana” e “il quotidiano nelle guerre”. Come si vede temi di grande attualità e che dichiarano una presa di posizione rispetto ai movimenti geopolitici che stanno modificando gli assetti del mondo e di cui vediamo le avvisaglie nelle innumerevoli guerre che in varie parti si combattono nel mondo e di cui quella Ucraina è l’esempio più eclatante. Il tutto per metterci sull’avviso che Taiwan sarà un nodo cruciale del nostro futuro prossimo.
Fabio Fabris
Info:
chiwengallery.com/yuan-goang-ming/
is a contemporary art magazine since 1980
NO COMMENT