Nella relatività che governa gli eventi coordinandone le cause, nei molteplici aspetti conseguenti, è possibile intravedere l’articolata complessità della realtà. Questa si sviluppa come una fitta trama di interconnessioni di diversa natura che, compenetrandosi, si influenzano e si alimentano vicendevolmente. È proprio la diversità di tali agenti e delle loro possibilità combinatorie, a costituire il dato più determinante sugli esiti di queste relazioni traversali che interessano la contingenza delle cose e che, pertanto, vanno a toccare più piani dell’esistenza; biologica, sociale, individuale. All’interno di una situazione tanto polifonica, dove sono le influenze reciproche a stabilire i legami, la funzione e la concezione di zeitgeber – in italiano “donatore di tempo” – si fa decisamente più sfaccettata. Esso, riferendoci all’etologia, indica un fattore esterno a un organismo, ma in grado di sincronizzarne il cosiddetto orologio biologico con il mutare del contesto ambientale e, come già accennato, è unconcetto che oggi appare quantomai interdisciplinare. Difatti, da un punto di vista strettamente sociale, lo zeitgeber può essere rappresentato dagli orari lavorativi, o magari da condizioni climatiche tali da dettare i tempi delle interazioni umane.
Estrapolandolo ora da ogni qualsivolglia campo d’indagine circoscritto, volendo tracciarne un profilo svincolato da circostanze di genere, la mostra ZEITGEBER a cura di Andrea Tinterri, accolta negli spazi pesaresi della BAG GALLERY e visitabile fino al 13 gennaio 2016, ci fornisce la possibilità di entrare con i sensi e l’intelletto nella personale parafrasi che ne elabora l’artista Carlo Dell’Amico. Grazie a una scrittura espositiva in linea con i dovuti ritmi di lettura delle opere presenti, la mostra, con la selezione di opere più o meno recenti, riesce a porre immediatamente l’accento sulla profonda attività speculativa, sia estetica che semantica, riscontrabile dietro ai lavori ospitati. Ecco, dunque, riprodotte su supporti di lastre offset – sfruttati dall’artista dagli anni Novanta – immagini dalla forte comunicabilità, dove elementi fitomorfi si trovano in equilibrio incerto su basi esagonali, o accompagnati da architetture dalla parvenza archeologica. La pigmentazione scura di queste composizioni, ne mette in risalto la genealogia realizzativa già resa, in parte, visibile dalla stratificazione di più passaggi esecutivi susseguenti, mostrando come egli interagisca con la fenomenologia generativa delle opere. Continuando con le installazioni, vediamo radici – unità vitale primordiale – capovolte specularmente, innalzate e immortalate all’interno di intelaiature impositive, scandite a loro volta da segmenti che, assecondando proporzioni auree, tagliano lo spazio dell’opera e ne intersecano i corpi. Si tratta, in primis, di un ribaltamento cognitivo che causa nell’osservatore destabilizzazione percettiva poiché, mentre la mente è occupata a ricostruire filologicamente ciò che vede, egli è portato a interdire la propria consapevolezza del tempo fino ad assimilarla alla dimnesione cronologica interna all’opera stessa. Si assiste, così, alla messa in atto, da parte dell’autore, di un’indagine sul tempo attraverso lo spazio, l’elemento materico e la luce. Quest’ultima – dove presente – viene declinata con l’utilizzo di neon fluerescenti blu, andando così a simboleggiare sì la luce – zeitgeber biologico per eccellenza – ma quella lunare, contrassegnando il complesso di una coinvolgente dimensione cosmica. Il concetto di tempo, insieme alle sue potenezialità fenomeniche, continua a essere il protagonista della ricerca qui in fase d’analisi, in quanto è la mutazione a costituire la chiave di lettura privilegiata per la corretta comprensione di questo tipo di lavori, portavoce di una sorta di immota trasformazione, derivante dal possesso di un’intima condizione cronologica congenita alle opere stesse, dove anche l’impiego del calcolo geometrico, pur nella sua esattezza, sfugge dal proprio valore prettamente assiomatico, inserendo il tutto in un’atmosfera trascendentale. Questa è ancor’più enfatizzata dal relativo contrasto fra pesantezza e ascensionalità che le radici e le loro posizioni producono, giungendo, infine, alla sovversione dell’idea platonica di tempo inteso come immagine mobile dell’eternità – perciò di un’entità immutabile – poiché, di fronte alla produzione di Carlo Dell’Amico, ci troviamo ad ammirare un’icona immobile del flusso del divenire.
For all images: Carlo Dell’Amico, Zeitgeber exhibition overview. Courtesy BAG GALLERY
Critico d’arte contemporanea e curatore, ha curato mostre in gallerie, spazi indipendenti e istituzionali. Ha tenuto conferenze in Italia e all’estero. Suoi testi e ricerche sono pubblicati su cataloghi, magazines di settore, edizioni di gallerie e monografie. È curatore di archivi d’artista, contributor di riviste e uffici stampa specializzati. Collabora con fondazioni, musei pubblici, case editrici e università a progetti di ricerca e curatoriali.
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